Voltare pagina

Questo non è un post rassicurante, lo premetto, nessun hashtag motivante. Non parla di virus e vaccini, non guarda numeri, proiezioni o elucubrazioni statistiche, non spaccia illusioni. Niente ipocrisie, buonismi moralizzanti, mammolettismi giustificatori, esortazioni alla rinuncia.

Chi può sentirsene offeso, deriso o minacciato può voltare pagina, come dovremmo fare tutti. 

C’è un virus letale in giro, è la prima certezza. 

Viene dalla natura, per quanto ne sappiamo oggi. Uccide, prima i più vecchi e deboli, ma, ci dicono i numeri, anche gli altri. Se farà più vittime degli altri accidenti lo sapremo alla tragica conta finale, per ora la situazione è sconfortante, angosciose le immagini e il bollettino giornaliero dei caduti. Nessuna certezza ad oggi, se scomparirà, quando e semmai si scovasse un vaccino, se funzionerà, per quanti e per quanto tempo.

Seconda certezza, la democrazia pretende la delega.

Gli unici che hanno legittimità a dare i dati e a interpretarne i risultati dando sostanza alla ricerca non sono i blogger, gli esperti da tastiera o gli influencer: sono i medici, quelli che abbiamo esposto al rischio, buttandoli in prima linea, privati di mezzi, dispositivi e risorse dalle criminali politiche di ieri (di cui un giorno dobbiamo chiedere giustizia), fregandocene, tranne nei momenti di applausi dai balconi, se siano sacrificati, come in ogni guerra i suoi eserciti.

Ma questa non è una guerra, altra certezza, chiamiamola col suo nome, pandemia. 

Se non fosse che la società vi sta reagendo come se fossimo in guerra, facendo valere le regole della guerra. E’ sospeso il diritto di fare, di procurarsi il necessario per autodeterminare il destino proprio e dei propri cari, perfino di difendersi da violenze domestiche e di strada, perfino curarsi, se non contagiati e all’ultimo stadio.

Niente riunioni, manifestazioni, espressioni, nessuna difesa giuridica, nessun presidio a vigilare. Il Parlamento gioca alle call conference, mi senti? Mi vedi? Siamo con voi e con il premier.

Sotto casa le sirene delle pattuglie che accusano e sanzionano, sulle nostre teste solo elicotteri militari, dopo le 19.00  il coprifuoco. Se non è una guerra, hinc et nunc e senza data certa di fine, è una dittatura, come tante nel loro genere sostenute nelle piazze (oggi virtuali) dalle più ampie maggioranze.

Certo non ci sono cecchini sui terrazzi che ci sparano, almeno ora e qui, ma lo fanno in tutte le più fragili democrazie che non vedevano l’ora di imitare il “modello italiano”. Cina, Ungheria, Turchia dove si spara senza processo alle disubbidienze, mentre in America lasciano morire i senza polizza, eufemismo solo più sofisticato di strage. 

Ma questi, per condivisa opinione, sono fastidiosi contrattempi, per ora l’unico obiettivo è salvarci dal vero nemico, la Natura. E’ lei a metterci in ginocchio, come fa quando i vulcani eruttano, i terremoti squassano, le locuste distruggono, i territori si desertificano o si ghiacciano, un meteorite ci sfiora o l’ozono, spesso ormai solo qualche centimetro, si bucherà.

Se sono i medici a doverci allertare sul virus e a cercarne l’antidoto, come in caso di guerra spetta ai militari mostrarci le mosse o in caso di catastrofi gli scienziati, non sono i generali o gli scienziati a premere il bottone del contrattacco, è la collettività, rappresentata dalla politica e dalle parti sociali, a decidere dei destini comuni. 

La democrazia è un patto, altra certezza, non una sottiletta in un toast che si allunga e si ritira col fuoco, non un ruttino rimandabile al dopo cena: la democrazia è un atto di fede, di fiducia e di garanzia reciproca che vale in pace, in guerra, sotto attacco di nemici, immigrati, terroristi, mafie, terremoti, cavallette e pandemie. 

In democrazia non decidono gli esperti mentre il resto della società rintanata raccatta l’umiliante elemosina di mamma-stato, 600 euro per campare, pagare bollette, mutui e medicine. Ci si rintana nei rifugi solo quando suona la sirena, altrimenti, mentre i militari studiano strategie e gli scienziati i vaccini, i fornai panificano, le sarte cuciono, gli insegnanti insegnano, i medici curano, gli ingegneri costruiscono, i giornali stanano i politici che discutono, i giovani imparano a reagire, a combattere e a diventare immuni per loro e per i loro figli.

I padri si espongono per primi al rischio perché la priorità è il futuro dei figli, non il contrario. I genitori, altra certezza, non dovrebbero mai sopravvivere ai propri figli, perché sarebbe inumano, contro natura. Pretenderlo, da codardi.

Per questo, fratelli ed amici, il virus c’è, è letale e nessuno sa se e quando scomparirà. La scelta etica non è illuderci che svanisca ma imparare a conviverci, non fuggire da codardi davanti al nemico ma, come abbiamo fatto con il terrorismo, i terremoti, gli alluvioni, l’aids, le pesti, le guerre, non farsi abbattere dalla paura.

Usciamo dai giacigli disinfettati dove giochiamo a cantare l’inno nel pigiama party delle 18 che tanto, ci dicono gli esperti scoprendo alla buon’ora che il virus sa volare, richiudersi non serve assolutamente a nulla.

Non c’è scienziato che può imporci come vivere la vita finchè c’è, non c’è ricatto moralizzatorio che tenga, ma solo la Vita che va avanti con una forza e una violenza che ci scopre ancora una volta soli, inermi e senza illusioni.

Vivere è, ultima certezza, da sempre e per sempre, quel poco di resto che ne rimane.

Antonio Pizzola

3 Commenti su "Voltare pagina"

  1. In America non fanno morire i “senza polizza” perché gli USA hanno vinto la guerra e comandano mentre l’Italia ha perso la guerra e ubbidisce. Solo per questa disposizione credi davvero di essere un cittadino con la pretesa del diritto gratuito alla salute, altrimenti la verità è che l’Italia è obbligata a “queste enormi spese burocratiche” per mantenere il debito alto e non essere una potenza pericolosa in caso di ulteriore guerra. Quindi il denaro lo deve obbligatoriamente distribuire in burocrazie ,macchinando scenette statali della sanità della giustizia della polizia politica ben oltre il mercato del patetico.Altrimenti se entri in un ospedale sono tutti disperati di forte problematiche che si trascinano con la assistenza pubblica,e se sei malato ti lasciano tranquillamente morire con la polizza. Gli USA sono liberi di lasciare alla selezione del destino i barboni e gli sfortunati,ma lo fanno per mantenersi una nazione forte e dì vincitori con immense ricchezze di bilancio e sovrane capacità e dominio.

    • E certo Frankstoin. La differenza tra USA e Italia è solo quella: sanità privata vs sanità pubblica. Tutto il resto è perfettamente identico: disponibilità di risorse, capitale umano, capitale fisico, infrastrutture, dimensione media delle imprese, sindacalizzazione, imprenditorialità, attitudine al rischio, etc.
      E poi è un fatto noto che l’Italia in guerra, senza le spese sanitarie, sarebbe una potenza invincibile.
      Mapeffavorevà!

  2. amici, questo virus ci ha insegnato che tocca alzare il livello del discorso, volare più alto. Ripartire dalle certezze, dagli archetipi, come se tornassimo tutti a scuola. La democrazia, i diritti, le libertà, il padre, la mamma, lo stato, i cittadini, la società, la Natura, fino a Dio. Sennò continuiamo a cinguettare di interpretazioni -tutte valide e opportune – di una realtà che non afferreremo mai e che oggi ci tine chiusi a casa per nasconderci il fallimento

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