Con la firma del decreto vaccini da parte del Consiglio dei ministri, ieri, la Regione Abruzzo si è tolta un peso sulle spalle non da poco. Perché come aveva ammesso l’assessore regionale Silvio Paolucci “non si era certi che in consiglio ci fossero i numeri per approvare una legge autonoma, come fatto dall’Emilia Romagna” e come stavano facendo altre regioni come l’Umbria, la Toscana, il Piemonte e la Puglia.
Il decreto del ministro Beatrice Lorenzin, insomma, come si suol dire “taglia la testa al toro” ed è un taglio di netto, perché va oltre le indicazioni minime che pure erano state poste, ad esempio, dall’Emilia Romagna.
Le vaccinazioni obbligatorie salgono a dodici e diventano necessarie, già dal prossimo anno scolastico, per l’iscrizione nelle scuole, con controlli e sanzioni che seguiranno i ragazzi da 0 a 16 anni di età e che prevedono, nei casi più estremi, fino alla revoca della patria potestà sui figli.
Polio, difterite, tetano, epatite b, pertosse, emofilo b si dovranno fare entro i 3 mesi di vita. Morbillo, parotite, rosolia e varicella (che non erano obbligatori) si dovranno fare tra i 13 e i 15 mesi. I due vaccini anti meningococco (anche questi non obbligatori fino a ieri) in date intermedie.
I bambini che non avranno le vaccinazioni non potranno essere iscritti agli asili nido e alle materne, mentre dopo i sei anni di età, i bambini non in regola, potranno frequentare la scuola, ma per i genitori scatteranno sanzioni da 500 fino a 7.500 euro e, nei casi più gravi e reiterati, la segnalazione alle autorità giudiziarie fino alla revoca della patria potestà.
I controlli saranno demandati in parte ai dirigenti scolastici che avranno l’obbligo di segnalare, pena sanzioni del codice penale per omissione, i casi di studenti non in regola con le vaccinazioni alla Asl che, a sua volta, chiamerà le famiglie per un percorso di convincimento, con le buone o con le “cattive”.
L’Abruzzo dal canto suo avrà un bel po’ da lavorare e non tanto per i vaccini che erano fino a ieri obbligatori e che, come indici di Lea (livelli essenziali di assistenza) si attestavano oltre il 95%, quanto per quelli che erano consigliati e che ora sono diventati obbligatori, per i quali si registrano percentuali “non accettabili” (sempre secondo Lea) dell’84,23%.
La nostra regione, però, dovrà lavorare anche e soprattutto sul sistema sanitario che, come ha spiegato il dirigente del settore, Angelo Muraglia, soffre ancora di forti ritardi: “Mancano software dedicati, si compilano i libretti ancora a penna – ha spiegato – e l’attività di notifica non funziona. Basti pensare che con l’ingresso del vaccino del meningococco di tipo B resa obbligatoria, da gennaio 2017 sarebbe dovuta partire la campagna di richiamo. Siamo a maggio inoltrato e le Asl non ancora provvedono”.
Così come c’è molto da fare sui vaccini e i controlli per la tubercolosi, da intensificare a seguito dell’ondata migratoria dall’Africa che sta investendo il nostro Paese: “Dobbiamo concentrarci in particolare sui cosiddetti centri di accoglienza per migranti – conclude Muraglia – dove possono esserci focolai di Tbc”
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