Una delle tante Saman


Saman è sparita, probabilmente è morta ed è morta per mano della parte maschile della famiglia. Saman non viveva in una sperduta regione del Pakistan ma in una laboriosa provincia italiana. Eppure Saman non è riuscita a sottrarsi al suo destino crudele non perché fosse malata o perché ha fatto qualcosa di pericoloso, ma soltanto perché voleva vivere come tutte le ragazze della sua età,  libera, truccata, indossando short e minigonne e soprattutto scegliendo da sola l’uomo da amare. Tutto questo, però, non è contemplato nella cultura della propria famiglia che pur di non vivere l’onta del rifiuto di un matrimonio combinato preferisce rinunciare ad una figlia di 18 anni. Ma è davvero cultura, questa, o forse fede religiosa? O piuttosto becera tradizione di una società maschilista che niente possiede di amore e civiltà? Se Saman è la vittima sacrificale non meno lo è sua madre che, non solo ha vissuto soffocata dalla stessa becera tradizione, ma ha dovuto, suo malgrado, accettare l’inevitabile morte di una figlia solo perché nata con un sesso sbagliato: FEMMINA.
La storia di Saman si ripete dentro molte famiglie di immigrati, dietro la sparizione di bambine prepuberi che tornano nel proprio Paese per subire l’infibulazione, dietro l’abbandono scolastico dopo la scuola dell’obbligo perché una donna non deve cibarsi alla tavola della cultura altrimenti si rischia che si emancipa…
Queste donne non saranno mai raggiunte dai servizi che la società italiana organizza  perché non escono di casa, perché non sanno leggere o parlare la nostra lingua, perché hanno paura. Sono le donne che perdiamo senza accorgercene, sono fantasmi di donne invisibili persino allo sguardo più attento. Ed è proprio a tutte le Saman che vivono nella civile e progredita Italia che dobbiamo imparare a fare attenzione, a cui dobbiamo iniziare a pensare, per le quali si deve mettere a punto una strategia che possa salvarle soprattutto quando sono giovani, soprattutto quando sono disperate, soprattutto quando nei loro sguardi si capisce la paura. Non si può tollerare che sul suolo italiano una Saman possa morire senza che nessuno se ne accorga. Non si può tollerare, in pieno XXI secolo, che anche nella regione più remota e arretrata del mondo una donna possa perdere la vita perché non risponde alle aspettative dell’uomo padrone.

Non mi piace la piega che sta prendendo nelle trasmissioni televisive e sui social la storia delle femministe che non alzano la voce dopo quanto accaduto a Saman. Sono la Presidente di una associazione che si occupa di donne e di violenza di genere, non faccio parte di un movimento femminista ma è insieme con loro che combattiamo la guerra quotidiana della disparità tra i sessi, dei pregiudizi, degli stereotipi, della buona e sana educazione di genere. Purtroppo, però, nonostante ad ognuna di noi la storia di Saman abbia lasciato rabbia e sgomento non possiamo che accettare la nostra impotenza di fronte a queste situazioni. Difficile leggere con freddo distacco eventi come questo ed avere contemporaneamente la certezza di non poter fare niente. Lo Stato Italia purtroppo, non è pronto, con le proprie Istituzioni a far fronte a queste problematiche. Abbiamo già infiniti ed enormi problemi ad allontanare una donna in pericolo evidente perché troppo pochi sono i posti nelle Case di accoglienza, abbiamo già troppi pochi mezzi per aiutare le donne che bussano alla nostra porta chiedendo aiuti spesso anche economici e di sostegno, nelle scuole entriamo con mille difficoltà perché quello della violenza di genere e della educazione di genere sono argomenti poco interessanti e troppo “di nicchia” rispetto ai progetti sportivi. Chi lotta quotidianamente contro problematiche di questo tipo sa quanto sia difficile barcamenarsi tra burocrazia, ignoranza e poca sensibilità.  Per esempio è già quasi un decennio che ci riempiamo la bocca di reti, di integrazione socio-sanitaria, di lavoro di squadra. Ma niente di tutto questo è stato messo in essere se non per mere iniziative volontarie e personali. Insomma l’Italia è uno Stato sonnacchioso riguardo a certe tematiche, le leggi ci sono ma faticano a diventare patrimonio di tutti. 
Perché Saman al compimento del diciottesimo anno è stata lasciata sola? Ma soprattutto perché è stata lasciata sola senza averle dato la possibilità di difendersi e di scappare dalla sua famiglia, offrendole per esempio una formazione lavorativa, una casa in cui stare magari gratuitamente, una valutazione di sicurezza da parte delle Forze dell’ordine che avrebbero potuto difenderla dalla scelta scellerata della famiglia. Saman non sarebbe tornata a casa e oggi sarebbe ancora viva. In Italia, terra di tolleranza, si muore nel nome di Allah, si muore a seguito della legge del Corano ma solo se sei donna. Perché dovrebbero urlare soltanto le associazioni femministe contro tutto questo? Perché non si è levata forte e chiara la voce della Chiesa (siamo o no cattolici?), perché lo Stato Italia non ha ancora fatto un giusto e doveroso ma culpa dimostrando di svegliarsi dal torpore? Ma soprattutto perché non riusciamo a difendere le tante troppe Saman che vivono nascoste non solo dal velo e che per non morire fisicamente si lasciano lentamente morire nell’animo?

Gianna Tollis

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