Da un mese sono fuori casa, ma il colpo lo accusano, come comunemente si dice, “con filosofia” perché ogni cosa la ritengono utile alla crescita. Sono gli operatori in forza alla cooperativa sociale Il Morrone, quelli che, fino a 30 giorni fa, erano attivi all’interno della struttura residenziale psichiatrica di Pratola Peligna, chiuso per mancanza di autorizzazioni. Una chiusura “temporanea e preventiva” ricordano i lavoratori alla quale è seguito il trasferimento all’Aquila. Un ambiente “molto diverso da quello della nostra cara Valle, stiamo vivendo molte valide esperienze che porteremo con noi nella vita professionale”. Insomma “una grande occasione che, affrontata con coraggio, sta delineando un importante percorso di crescita” sottolineano gli operatori.
Sono loro i primi a non condannare, quando forse si dovrebbe, le istituzioni ora impegnate per rimuovere quegli ostacoli che vogliono chiusa, ancora, la struttura e che ha portato, oltre al loro trasferimento, anche quello dei sette pazienti che lì dimoravano. Insomma riconoscono l’impegno delle istituzioni, d’altronde il centro per l’autismo è stato riaperto a distanza di sole due settimana, ma per il centro psichiatrico le cose appaiono un tantino più complicate. Il sindaco Antonella Di Nino aveva promesso il massimo anche per risolvere questo impiccio. “Siamo coscienti che ci vorrà ancora tanto lavoro ed una maggiore sinergia- aggiungono intanto i lavoratori- ma confidiamo ancora in tempi brevi per la risoluzione dei problemi sorti e per tornare ad operare il bene nella nostra Valle”.
Una nota cordiale e posata è la loro “in attesa del momento per riportare nelle nostre zone quanto acquisito, per migliorarci ancora di più e migliorare la qualità della vita dei nostri ospiti. Crediamo fermamente che tutto ciò che accade rappresenti una continua occasione che la vita ci da, per crescere umanamente e professionalmente, per poter erogare un servizio sempre migliore, per contribuire ad una nuova crescita della nostra amata Valle”. Sarà sicuramente così, ma di tutta questa vicenda sarebbe utile spiegare come siano state possibile delle aperture senza le dovute certificazioni, l’ennesimo mistero.
D’altronde restano con le porte sbarrate anche in viale Mazzini a Sulmona, con la chiusura del Cim che va avanti da mesi e neuropsichiatri infantile preventivamente trasferita agli ex Comboniani in via Gorizia.
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