Un lavoro in banca, giacca e cravatta tutte le mattine e una “relazione” morbosa solo e soltanto con un monitor pieno di numeri. Paolo Iudiciani ad un certo punto non ce l’ha più fatta e ha mollato tutto per reinventarsi e ridisegnarsi in base al suo sogno.
Un sogno fatto di allenamenti e sana alimentazione, una cura per il corpo e per la mente come d’altronde gli aveva insegnato suo nonno. E’ da questa figura di tutt’altri tempi che per Paolo, peligno di Bugnara, si è aperto un nuovo percorso e a fine maggio il titolo di campione mondiale di body building nella categoria Open, classe 1, conquistato a Seul, in Corea, dopo una serie di gare affrontate in Australia, dove vive.
Si perché il suo sogno Paolo l’ha dovuto per forze di cose coltivare altrove, oltreoceano, dove il settore del fitness è in continua crescita, dove se ne fa davvero un lavoro, una passione grazie alla quale si può vivere insomma, diversamente da quanto avviene in Italia “dove questo settore è ancora un po’ di nicchia”. “Per me è stata una esperienza incredibile – racconta – nell’ultimo mese ho preso più aerei di quanti ne abbia mai presi nella mia vita. Inoltre è stato interessante entrare a contatto con diverse culture e viverla sul piano sportivo”.
Paolo racconta la sua evoluzione da Bugnara, dove è tornato per un periodo di riposo a seguito anche di una ulteriore gara a Rimini. “Da più di tre anni e mezzo sono in Australia. Ho scelto la west coast dove c’è molto da fare, addirittura si costruiscono ancora strade. Lì l’industria del fitness è molto più forte e nella mentalità dell’australiano medio è più presente. Il mio viaggio è iniziato tanti anni fa e non è stato intrapreso solo per ragioni estetiche, ma di salute. I miei nonni mi hanno aperto gli occhi sulla nutrizione e sull’attività fisica”.
L’evento scatenante di questo cambiamento Paolo lo rintraccia, come anticipato, nel nonno: “E’ morto nel 2007. Per me è sempre stato un esempio di forza e salute, fin da quando ero bambino gli chiedevo di farmi vedere il bicipite – ride -. Un punto di riferimento. Chiaramente mio nonno e la palestra non si erano mai visti, quelle sono generazioni genuine, quello che vedevi era la realtà. Vederlo trascorrere gli ultimi dieci anni tra letto e ospedale è stato allucinante, questo è stato l’aspetto che mi ha avvicinato sempre più ad un nuovo stile di vita – prosegue Paolo nel suo racconto -. Ho pensato che mai avrei voluto fare quella fine, ho cercato il modo di preservare e nutrire quello di più importante abbiamo nella nostra vita: corpo e mente. Ho letto tanto e ho iniziato a praticarlo. Una scelta al 101 per cento. Se in tanti rimandano la dieta al lunedì, io la mia prima dieta l’ho iniziata il sabato mattina”.
Un atleta cosiddetto “natural”, la salute al primo posto: “Tutte le mie scelte sono in questa direzione – aggiunge -. Non uso integratori, se non quelli naturali vicino alla gara. Il resto è tutto basato sull’alimentazione. Ho acquisito diverse competenze su nutrizione, abbinamenti, calorie che mi servono, minerali e quello che mi interessa controllare”. Niente cene fuori: “ Quello che ingerisco viene dalla mia cucina”. E, fondamentale: “Non bevo, non fumo, non mi sono mai drogato, vado a letto presto e mi alleno la mattina a stomaco vuoto”.
Trentotto anni Paolo, con 5 di allenamento alle spalle, il necessario per diventare una personalità riconosciuta del suo settore. “Sto realizzando il sogno della mia vita” spiega, un cambiamento fatto di coraggio e consapevolezza.
“Quello che mi ha messo più pressione è stato il tempo, è la risorsa più grande che abbiamo, non possiamo fare altro che usarlo nel modo migliore. A chi è in dubbio, ai giovani che hanno un sogno, consiglio di realizzarlo subito. Se avessi avuto la possibilità o la conoscenza lo avrei fatto 15 anni fa. Bisogna crederci e non temporeggiare pensando che ci sia un momento migliore per fare un cambiamento, quel momento non arriverà mai, è subito. In tutta onestà ho ritrovato qui in Valle Peligna, nei giovani e non, quell’aria di insofferenza nei confronti delle proprie condizioni, ma se si parla di un eventuale cambiamento ci si giustifica. In non sprecherei la mia vita ad accontentarmi, che sia lavoro, casa, relazione. Per me andare via non è stato spaventoso, ma liberatorio, è stato uscire fuori da una schiavitù. Il consiglio che mi viene in mente a chi vuole provare la stessa esperienza: abbiate una visione, un sogno da seguire, se non ha un sogno non hai niente”.
Simona Pace
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