Essere genitori non è affatto semplice e, in questo particolare periodo, lo è ancora di meno. I nostri figli sono cresciuti fra possibilità e libertà che noi, alla loro età, potevamo soltanto sognare e forse solo ora stanno realmente apprezzando ciò che avevano fino a un anno fa.
Abbiamo sempre cercato di renderli felici proteggendoli, per quanto in nostro potere, da delusioni e frustrazioni, tanto lo sapevamo che, prima o poi, ci avrebbe pensato la vita a fornirgliene a iosa.
All’improvviso è arrivato un DPCM dall’alto a chiuderli in casa a studiare online, lontano dai compagni, senza luoghi di ritrovo, a fare a meno dello sport e di altre cose belle della vita.
Sicuramente l’aver condiviso con tutti i loro amici questa esperienza ha alleggerito non poco la situazione. Per fortuna i ragazzi hanno una grande capacità di adattamento, inoltre erano già abituati a vivere la socialità a distanza, grazie alla tecnologia e al mondo dei social che utilizzavano abbondantemente anche nel periodo ante virus.
Quel senso di sicurezza e protezione, che prima riuscivamo a dare loro con un semplice abbraccio, è venuto improvvisamente a mancare.
Ora ci vedono perennemente preoccupati per il lavoro, per la salute, per la loro tenuta psicologica e per il futuro che li attende…perché quello che sta accadendo presenterà un duro conto a noi, ma soprattutto ai nostri figli e nipoti.
Non avremmo mai immaginato che, dopo tanto dare e concedere ai nostri ragazzi, avremmo cominciato a chiedere e togliere, responsabilizzandoli nei confronti della comunità, dei più deboli e dei nonni.
Un sacrificio che sicuramente li formerà e sarà bello da raccontare fra diversi anni, ma ora che fa parte della quotidianità, crea tanta incertezza e sconforto.
I gruppi di adolescenti, che colorano la città con la loro chiassosa allegria, prima ci facevano simpatia, ora li definiamo “assembramenti” e li additiamo come untori irresponsabili, perché non è per le strade che dovrebbero stare, ma chiusi in casa a guardare un display.
Lo abbiamo sempre sospettato, ma ora ne abbiamo la certezza: noi abbiamo vissuto un mondo bello, anche solo per essere stati protetti da certe realtà fino all’età adulta, mentre i nostri figli non hanno avuto questa possibilità e ora il coronavirus ci ha messo il carico da 11.
-Mamma, secondo te quando finirà?
Nell’ultimo anno abbiamo imparato a non sperare troppo, a non credere negli hashtag, negli arcobaleni e nelle previsioni sulla fine del virus, perché troppe volte siamo stati illusi e delusi. Ogni ultimo sforzo che ci viene chiesto è, invece, sempre il primo di una nuova serie, mentre tutto intorno a noi crolla, gli ospedali sono pieni, le scuole vuote, le attività chiuse e il virus mutato.
E intanto i giorni passano, tutti simili fra loro, anche se qualcuno è peggiore degli altri, perché magari il lavoro è andato male o perché abbiamo l’orribile sensazione di non aver fatto abbastanza, di non aver corso abbastanza, di non aver sorriso abbastanza, di non aver pensato abbastanza prima di dare quella risposta brusca a chi proprio non se la meritava, ma in certi momenti tutto diventa troppo: il carico economico, psicologico e di cura ci schiaccia e l’angelo del focolare si trasforma in diavolo della Tasmania.
Ma dura solo un attimo e poi torniamo a sorridere, buttando la dentiera oltre l’ostacolo.
Questa pandemia ci sta togliendo tanto, però il sorriso ce lo teniamo stretto e, visto che fa bene quanto la vitamina D, lo regaliamo a chi ci è accanto, soprattutto ai nostri figli, che, da bravi archi, abbiamo lanciato lontano nel mondo come frecce vive…e invece ora è tutto demandato alla freccia del mouse.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
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