C’è l’avvocato U. che da Sulmona si è trasferito a Pescara a dicembre, perché proprio non se la sentiva di mandare la figlia in una scuola poco sicura; l’imprenditrice I., invece, nel capoluogo adriatico è andata perché qui c’era poco da fare, neanche un cinema da frequentare; persino l’assessore comunale C., ha confessato, che sta cercando casa sulla costa, perché in fondo, a differenza dei primi due, lui là ci lavora. E poi ci sono tutte le altre storie dell’alfabeto: centinaia di giovani e meno giovani, traditi nelle aspettative e nelle speranze, che da Sulmona e più in generale dalle zone interne dell’Abruzzo hanno fatto le valige, di cartone o in pelle che siano, e sono andati via. L’ultimo studio condotto per la Cna dal professor Aldo Ronci sul bilancio demografico dell’Abruzzo è sconfortante e, probabilmente, restituisce una fotografia parziale dello spopolamento che continuano a subire le aree interne. Perché come nei casi di U., I. e C., ma anche dei tanti studenti fuori sede rimasti fuori sede, la residenza anagrafica continua a restare nei luoghi di origine, ma le loro vite, ormai, sono altrove. Te ne accorgi nei giorni di festa, quando li vedi riempire le strade e le piazze che una volta erano affollate tutti i giorni. E ti ricordi di loro, della loro esistenza, solo guardandoli, invecchiati e con figli al seguito, senza invidia, magari, ma con la consapevolezza di aver perso un pezzo della tua storia e della tua gente. A Sulmona in particolare dove, non a caso, lo studio di Ronci registra il secondo (dopo Ortona) peggior bilancio demografico della regione, con una perdita di 505 residenti in tre anni, che detto in numeri percentuale (-2,06%) fa anche più male, messo a confronto con le medie nazionali e soprattutto con i segni più registrati proprio dall’area metropolitana. L’area Pescara-Chieti, l’unica ad essere cresciuta in una regione che ha perso quasi 12mila abitanti, raccoglie oggi almeno il 27% della popolazione regionale su un fazzoletto di terra che è appena il 4% dell’Abruzzo e una densità abitativa di 760 abitanti per kmq, otto volte quella del resto della regione che conta appena 94 abitanti per kmq. L’Abruzzo, insomma, continua ad essere una regione a due velocità, dove il divario tra la costa e l’interno, anche e soprattutto negli ultimi tre anni (nonostante un assessore regionale con delega specifica), è solo peggiorato.
Ma la concentrazione dei servizi nei capoluoghi di regione o provincia e la conseguente concentrazione della ricchezza in queste, cosa volete che determini. E ci paghiamo pure un assessore.
Con la scusa di accorpare attività e servizi per ridurre i costi si è impoverito gran parte del territorio a scapito di aree geograficamente più fortunate, creando un circolo vizioso ormai inarrestabile, a meno che non si ridelocalizzino parte delle attività pubbliche. Questo non vale solo per L’Abruzzo ovviamente.