C’è un’incognita e un rischio politico dietro la delibera con cui il Comune di Sulmona si appresta, il prossimo 22 dicembre, nel corso di un consiglio comunale che si terrà nel palazzo di giustizia, a chiedere al governo per l’ennesima volta di salvare il tribunale di Sulmona. Non che la cosa abbia grande rilevanza, sia inteso: l’atto che si apprestano a fare diversi Comuni del circondario, infatti, ha tanto il sapore di una boutade elettorale per le prossime elezioni politiche di marzo, considerando che non sarà certo questo governo a decidere eventuali salvataggi o riordini o modifiche ad una legge che, di proroga in proroga, in Abruzzo tiene a galla i quattro tribunali non capoluogo di provincia ormai da quattro anni e ancora fino al 2020.
L’incidente diplomatico è comunque dietro la porta, e non tanto e non solo perché Pratola, anticipando Sulmona, approverà una sua delibera il 20 dicembre, quanto perché il testo che sarà portato in consiglio comunale a Sulmona ad oggi è diverso da quello di Pratola e, soprattutto, non è stato condiviso con le opposizioni.
Se ne discuterà domani nella riunione dei capigruppo convocata appositamente e che fino a qualche ora fa preannunciava una imbarazzante spaccatura su una questione che, al contrario, deve trovare la sua forza, messo che basti, nell’unanimità di vedute e intenti.
E non è un caso se il sindaco Annamaria Casini ieri ha voluto mettere le mani avanti con un comunicato stampa nel quale sottolinea che “questa è una battaglia di tutti, maggioranza e minoranza, dell’intero territorio di tutte le forze politiche e l’unico obiettivo è la salvaguardia del nostro tribunale”.
In realtà il documento che la maggioranza ha proposto già confezionato al consiglio ha trovato diversi musi storti e non solo nelle opposizioni. Tant’è che ieri si è fatto carico di cercare di ricucire la diatriba l’assessore Nicola Angelucci e non a caso lui.
Perché nel documento che elenca le ragioni di Sulmona proposto dalla maggioranza, non c’è alcun riferimento, a differenza dell’emendamento avanzato dalla consigliera di Forza Italia, Elisabetta Bianchi, agli stati generali del 27 dicembre 2011 di cui, con ben altro metodo, si rese protagonista proprio Angelucci (al tempo presidente del consiglio comunale) che convocò al palasport tutte le assise del territorio in un’unica adunata.
Ma soprattutto nell’elenco manca uno dei cardini della battaglia e cioè l’ipotesi di ampliare la giurisdizione di Sulmona annettendo una parte della Val Pescara e dei paesi montani dell’altro versante della Majella.
Il passaggio, infatti, sembra aver dato fastidio a qualche politico della costa che, visti anche i nuovi collegi elettorali, preferirebbe non aprire una cartella assai scomoda in vista delle elezioni.
Che la questione abbia risvolti ed interessi politici, d’altronde, lo dimostra anche la solerzia con cui lo stesso sindaco Casini si è preoccupata di sottolineare come il tribunale di Sulmona sia stato “l’unico in Abruzzo ad aver risposto al bando, ideato dall’assessore regionale Andrea Gerosolimo, per ottenere finanziamenti pari a 400mila euro, volti al rafforzamento delle competenze digitali negli uffici giudiziari”.
Una “best practice”, talmente best che non è citata nella delibera in questione, nella quale, invece, si fa riferimento alla inconsistenza del risparmio in caso di chiusura di Sulmona (il cui stabile è di proprietà ed è mantenuto dal Comune), alla perdita di efficienza in caso di accorpamento con L’Aquila, all’aumento dei costi, all’efficienza del tribunale di Sulmona al quinto posto in Italia per produttività ed efficienza, ai problemi orografici del territorio, alla necessità di sostenere un tribunale di montagna, al buco che si verrebbe a creare nella geografia giudiziaria della regione, alla presenza dei Parchi nazionali, alla vicinanza con territori ad alto rischio di infiltrazioni e alla presenza della Casa di reclusione di via Lamaccio.
Domani si aprono le arringhe. E la campagna elettorale.
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