Quando scoprii quei ciuffi di prato, addormentati attorno al Cristo morto, mi accorsi d’essere diventato grande. Forse solo più alto. Tutto d’un colpo. Fino ad allora ero il più basso di tutti i miei compagni, così nano da non vedere i fiori poggiati sulla bara da funerale di prima classe. Veramente ho saputo soltanto quando avevo i capelli grigi che i trentatré garofani li portano in chiesa, a mezzogiorno del venerdì santo, i confratelli di raso cremisi. E che scompaiono, tutti, quando il corteo dei trinitari torna a casa. Ma questa è un’altra storia, ancora da raccontare.
Per un sulmonese, ovunque sia, sono giorni questi di ricordi: noi siamo fatti di Pasqua e le processioni sfilano con la nostra vita. Con immagini delle stagioni catturate da punti di vista. Visioni legate all’età e all’altezza. Da bimbo quelle scarpe corvine e lucidate, odor di cromatina, mi marciavano accanto come soldatini. Pare di sentirlo ancora, forte e sdrucciolevole, il canto cupo delle suole che lasciano il segno sul porfido dopo lo struscio. Stesso suono, quasi identico, lanciato nell’aria dalle ramazze di bambù degli spazzini che lustravano le strade. Poco altro potevo scorgere, imballato dal muro di gente che mi rendeva invisibile: le luci tremanti dei fanali, il capo della Donna in nero e pugnalata. Credevo fosse la suora severa della dottrina che ci metteva in riga. Allora strattonavo mamma, per sparire nella dolceria dell’aquilano, di fianco alla grande porta che guarda verso il regno di Napoli. Finalmente sbranavo il maritozzo, ferito dal pasticciere per gonfiarlo di crema.
Ora invece quasi mi accecano i sei globi di vetro dei lampioni, ma riesco lo stesso a incrociare gli occhi di una signora, che rivedo bambina con il grembiule scuro tra i banchi di legno. Nel suo sguardo tutti i miei anni. Sono giorni questi che si fa la conta di chi c’è. Di chi manca. Un pensiero per un fratello lontano. A chi ha avuto fortuna e chi solo sfiga. La miro bene la Madonna stavolta e sento il suo dolore. Quello di genitori sopravvissuti, contro natura, ai loro figli. E lo strazio, il sangue di una guerra che lascia a terra persone senza volto e senza nome. Come quelle uccise dalla nuova peste, che ci hanno abbandonato senza un saluto.
Scorre il fiume di porpora. Elegante e strisciante, ma non conosco più le facce. Due ragazzotti mi sfiorano, nelle mani stringono un gambo spelato con dei petali. Rossi. Dello stesso colore del camice piegato sull’avambraccio. A sinistra m’appare la chiesa bianca e piatta, dove una volta la cascata di scintille si buttava giù dalla torre delle campane e tutti rendeva bambini. Pochi passi più avanti c’è il salotto buono, lo slargo più grande. Quanto mi manca Maria, d’oro e di verde vestita, che scappa in piazza verso Gesù. Sorridente e con i suoi riccioli biondi. Come quelli di mia madre.
Dylan Tardioli
❤️
Le parole più belle che abbia letto sulla nostra Pasqua.
Grazie
Riflessioni e ricordi meravigliosi,profondi e commoventi. Buona Pasqua di cuore!
Semplicemente GRAZIE!
…passato e presente nelle emozioni di un cuore innamorato della sua terra e delle sue tradizioni.
Le tue parole: il miglior augurio per questa Pasqua.
Grazie.
Riflessioni profonde e commoventi.
Grazie e serena Pasqua.
I migliori ragazzi di Via Freda.Buona Pasqua Franco.
Complimenti grazie della riflessione Buona Pasqua
“Il potere supremo di prendere tra le mani l’esistenza e rigirarla, lentamente, sotto la luce” (cit.)
Incredible come delle parole possano far emozionare, grazie.
Questa è la tua vena migliore
Iavarone
I positivi grazie a questi assembramenti non li scrivete?mo se si trattava di un altra manifestazione mettevano i sigilli alla citta
Finito il gran da fare per accogliere figli e nipoti..cucinare..sistemare ..ho letto l’articolo..complimenti..bellissimo..commovente..Buona Pasqua