Tragedia di Rigopiano: 2 anni e 8 mesi all’ex sindaco. I familiari delle vittime: “Una vergogna”

Il giorno della verità, a sei anni di distanza da quella valanga che portò via spensieratezza e vite, è arrivato. Il processo di primo grado, in merito ai fatti di Rigopiano del gennaio 2017, con la slavina che travolse l’hotel di Farindola, ha lasciato dietro di sé rabbia e veleni.

Quasi tutti assolti i 30 imputati per i quali, in totale, erano stati chiesti 150 anni di condanna. Solo cinque sono state le condanne emesse. Alla fine la sentenza del gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, riporta una condanna con pena minima per l’ex sindaco, Ilario Lacchetta, a 2 anni e 8 mesi di carcere. Il motivo: la mancata pulitura della strada. Mano molto morbida, visto che l’accusa chiese per il vecchio primo cittadino ben oltre 11 anni di carcere. Condannati anche due funzionari della Provincia. Assolti, tra gli altri, l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (chiesti per lui 12 anni), e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco.

Paolo D’Incecco Paolo e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, sono invece ritenuti responsabili relativamente al monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della S.P. 8, e alla pulizia notturna dalla neve ovvero a quella relativa al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog tg CK 236 NB fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale 8 dal bivio Mirri e Rigopiano. Ad entrambi sono state concesse le circostanze attenuanti generiche e operata la diminuente per la scelta del rito, sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno. Sei mesi di reclusione per falso, infine, al gestore dell’albergo e amministratore della società ‘Gran Sasso resort & spa Bruno Di Tommaso e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della stessa società di intervenire su tettoie e verande dell’hotel.

Tra i reati ipotizzati per 30 andati a giudizio vi erano vi erano: disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, falso ed anche depistaggio ed abuso edilizio.

Insomma, una mano leggera del giudice che ha trafitto il cuore dei familiari di quelle 29 vittime, morte tra detriti, ghiaccio e rocce. “Vergogna. Schifoso. Ti devi vergognare di quello che hai fatto. Siete un gup di merda”. Sono solo alcuni degli insulti urlati dai parenti delle vittime al Giudice per l’udienza preliminare, in merito alla sentenza arrivata dopo ore di ritiro in camera di consiglio. Gli stessi familiari si erano presentati in aula con le maglie che raffiguravano i volti di coloro che videro trasformare quel luogo da sogno, concepito per il relax, in una trappola mortale.

L’inchiesta era stata chiusa nel novembre 2018, chiamando in causa vari enti: dalla Regione Abruzzo alla Prefettura, arrivando alla Provincia di Pescara e, ovviamente, il Comune di Farindola. Un caso intricato, anche per la mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione, i permessi per la ristrutturazione del resort e depistaggi che portarono all’apertura di un’inchiesta bis. Il tutto ha portato a 40 indagati, con 30 imputati alla conclusione delle indagini. La prima udienza si è avuta il 16 luglio 2019. Da quel momento ad oggi ben 15 rinvii registrati, e una lentezza giudiziaria che ha portato alla prima sentenza solo 1.138 giorni dopo.

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