Tra memoria e territorio, il riscatto delle Narrazioni

“Sono Francis e sono in Italia da tre anni. Sono un ragazzo che ha deciso di lasciare il suo Paese, la propria famiglia, come tutti i ragazzi che scappano, nessuno è contento e nessuno è felice di vivere lontano dalla propria famiglia. Ho scelto la strada brutta, ma forse era il modo migliore. Ho scelto di attraversare il deserto, il mare, lì, ho attraversato il mare due volte. Su quella barca, la prima volta, ho visto la morte, spaventato, e l’unica speranza che avevo: speravo che ci fosse un domani, speravo di vivere ancora un po’. Poi la seconda volta sono riuscito”. Francis ieri era al Soulkitchen di Sulmona per l’ultima giornata del Festival delle Narrazioni. Era insieme a Patrizia Angelozzi per la presentazione de “Il confine umano, vite in cerca di pace” e a suo “fratello” bianco Luca. Il libro ripercorre le storie di richiedenti asilo e protezione, storie di migrazioni sofferte e di speranze nel ricominciare. Momenti di confronto e consapevolezza di un sistema, lo Spraar, attualmente minato dal governo. Francis, nigeriano, è arrivato tre anni fa in Italia.

Oggi “protetto”, oggi musicista, poeta, scrittore e mediatore culturale. Momento commovente quello della sua testimonianza: la paura, lo spavento, l’odio, ma al contempo “ho sentito dire che c’è razzismo, ma io non lo vedo” racconta Francis che ha conosciuto “gente molto bella. Questo Paese è bello, è ricco. Io non parlo dei soldi, non parlo della moneta, parlo dell’amore”. Francis oggi vuole solo aiutare chi gli sta affianco, vuole aiutare i suoi coetanei, persone, vuole inviare un messaggio a tutti: “In Italia non esiste il razzismo. I fratelli africani stanno scappando, sono spaventati, hanno questo dolore dentro, che brucia come fuoco”. “Adesso sto qui. Ho incontrato una famiglia, e mi sento a casa, ogni volta. Come ho lui come fratello, c’ho tante altre come sorelle”. Ringrazia Francis. “Tua madre che mi chiama ‘figlio mio’ è la cosa più bella del mondo, è un sogno”. Il suo Paese è questo ora. Un esempio di accoglienza riuscita.

Un bel carico emotivo anche l’ultimo giorno del Festival la cui chiusura è stata affidata, oltre che ad Angelozzi, anche agli scrittori Andrea Del Castello, in anteprima con il suo thriller “La voce della morte”, e Cristina Mosca con il suo ultimo libro “Con la pelle ascolto”..

“Ci vediamo sicuramente l’anno prossimo” è la promessa  degli organizzatori: Jacopo Santostefano, Jacopo Lupi, Matteo Puglielli, e la direttrice artistica Valentina Di Cesare.

 

In tutta sincerità i ragazzi hanno spiegato le motivazioni che in un primo momento li avevano portati a desistere nel proseguire, come la scarsa, o meglio assente, risposta da parte dell’amministrazione comunale soprattutto lo scorso anno, così per l’edizione 2018 non è stato neanche richiesto il patrocinio al Comune. Assenza riempita, quest’anno, dalla presenza dell’assessore alla Cultura Alessandro Bencivenga, parte attiva durante uno degli interventi del Festival. Una sorta di risarcimento che, insieme alle diverse espressioni di affetto e stima ricevute nei giorni passati, ha ricaricato il morale degli organizzatori, all’opera già per la prossima edizione.
Si può anticipare, ad esempio, l’idea di riproporre testi non più in commercio, e praticamente introvabili , e l’avvio di un confronto con l’Archivio di Stato di Sulmona. L’entusiasmo, insomma, è tornato.
“Memoria e territorio” nelle sue diverse sfaccettature era il tema portante di questa terza edizione, il festival non si poteva chiudere meglio di così. Non a caso: “Le parole sono importanti proprio come le azioni”.

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