Vi è mai capitato di preferire un prodotto, rispetto ad un altro, solo per il packaging più accattivante?
Studi clinici dimostrano come un succo di frutta sia più salutare, se sulla confezione ha disegnato un rigoglioso frutteto assolato.
Ciò che conta è la sostanza, certo, ma anche l’occhio vuole la sua parte e l’input visivo traina l’attenzione, conducendo più facilmente all’acquisto.
Ogni colore trasmette una sensazione: bianco-purezza, blu-calma, verde-equilibrio, giallo-energia, celeste-pace.
Sono proprio questi i quattro colori predominanti dell’attuale campagna elettorale: purezza, calma, equilibrio, energia e pace (le cinque virtù elettorali).
Nei volantini che girano in città, ogni particolare grafico, dallo sfondo alle didascalie, è stato scelto con cura e definito con sfumature di colori, che potessero non solo rappresentare al meglio gli ideali, ma anche risaltare e valorizzare gli occhi, la carnagione e la camicia del candidato.
Niente è stato lasciato al caso.
Negli ultimi anni, la quantità dei manifesti elettorali affissi è davvero esigua e forse è meglio così: la carta costa e, se sporca di colla, non si può neanche riciclare.
Comunque, dagli sparuti poster sui muri, gli aspiranti presidenti e consiglieri ci guardano, sicuramente più di quanto noi guardiamo loro. Mi ricordano un po’ quei quadri di Gesù che andavano di moda negli anni ‘70, in cui lo sguardo del volto raffigurato sembrava seguisse gli astanti, in una sorta di “Tana per te” senza scampo.
In questo caso si tratta di sguardi meno dolci, più fieri e sicuri, da cui trapelano tante promesse (purezza, calma, equilibrio, energia e pace) e una sola richiesta: “Votami”.
Sono foto fatte talmente bene, che non si ha il coraggio di disegnarci sopra nemmeno dei mostacci, non solo per evitare una denuncia per vilipendio di candidato, ma anche perché sarebbe un peccato rovinare un simile lavoro di editing.
Fino a qualche anno fa, i politici nazionali erano tutti signori eleganti, educati, attempati, forbiti e bruttini. Da bambina li guardavo in tv (allora non c’erano alternative più adatte al mio interesse ed età) e mi annoiavano le loro parole, i doppiopetti, le camicie, gli occhiali e le cravatte tutte uguali.
Niente a che vedere con i politici di oggi che, per far carriera, devono necessariamente essere fotogenici, telegenici, simpatici, giovanili, dinamici, sportivi, social, pieni di followers e pronti a tutto: anche a dire una parolaccia in televisione durante la fascia protetta.
I bambini non si annoiano più ad assistere alle tribune elettorali (e ai consigli comunali): ci sono sempre un “Vaffa” in agguato o un “Imbecille” gridato fuorionda, pronti a condire l‘evento.
I ritmi frenetici dell’odierna società, così fast, top e smart, ci spingono a non badare più alla forma, ma alla sostanza. Ci siamo tolti le cravatte, abbiamo sbottonato la camicia e: -Bella raga, benvenuti in questo nuovo video di propaganda politica.
Ci sanno fare. Ci tengono proni sugli smartphone, più di quanto non lo siamo già. Li condividiamo, li divulghiamo, li aiutiamo a fare propaganda (aggratis).
Il marketing elettorale sui social network è più pratico ed economico, ma anche più proficuo, visto che la gente esce poco per le strade e sta tanto connessa su internet.
Fra pochi giorni sarà il momento di votare il presidente della nostra regione.
Saremo chiamati a scegliere uno di quei sorrisi sui manifesti bianchi, blu, verdi, gialli e celesti.
Uno di quei visi che ci fanno pija’ ‘n colpo quando, girando l’angolo, li vediamo attaccati a quelle che, prima che la crisi falciasse il commercio, erano le vetrine di un bel negozio.
Dicono tutti che si è trattato di una campagna elettorale sottotono, a me invece i toni sono sembrati molto accesi e non solo quelli cromatici.
Ci hanno quasi storditi con i loro post, i loro comunicati e i loro sorrisi forzati.
Per fortuna il silenzio elettorale è alle porte.
Potremo decidere in serenità quale criterio adottare per concedere il nostro voto di preferenza: la foto meglio riuscita, lo slogan più accattivante, il tono di colore che più ci aggrada, il comizio col maggior numero di spettatori, il colpo basso più profondo, il video promozionale con la migliore regia, ambarabà ciccì coccò o il programma che riteniamo più congruente alle necessità del territorio.
Con il silenzio si riflette meglio.
È quasi sabato, è quasi quiete, è quasi ssshhh…
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
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