I viticoltori abruzzesi tremano per la modifica al decreto ministeriale del febbraio 2023, che prevede l’abbassamento da 40 a 30 tonnellate per ettaro per i vini generici abruzzesi. “Un provvedimento unilaterale – sottolineano all’Ansa – che pone diversi quesiti che se non vengono adeguatamente affrontati rischiano di compromettere gravemente il sistema vitivinicolo della regione”.
Facendo una stima economica seguendo i valori mercuriali delle Cciaa abruzzesi, il taglio porterebbe una perdita che oscilla tra i 2.500 e i 3.000 euro ad ettaro di produzione lorda vendibile.
“Uno degli aspetti più gravi, e per molti versi incomprensibili, dell’abbassamento delle rese ad ettaro dei vini generici abruzzesi – aggiungono i produttori – è l’unilateralità della scelta. Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, tanto per citare le regioni produttrici più importanti, hanno mantenuto invece la resa ad ettaro per i loro vini generici a 40 t/ha e questo penalizza drammaticamente i viticoltori abruzzesi impedendo loro di poter concorrere sul mercato ad armi pari. Non solo, considerando le fortissime interconnessioni del mercato del vino, risulta incomprensibile la scelta unilaterale intrapresa dalla Regione Abruzzo perché di fatto non è minimamente in grado di incidere sui quantitativi prodotti a livello nazionale ed internazionale. Sulla etichetta del vino generico, bianco, rosso o rosato, non si può riportare prodotto nella Regione Abruzzo, quindi il consumatore acquista la bottiglia senza poter conoscere la Regione di provenienza del vino. In tal modo, le regioni che hanno rese più alte godono di un vantaggio competitivo ex-lege, a danno della libera concorrenza”.
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