Sarà canonizzato santo il prossimo 14 ottobre, da Papa Francesco. Un fabbro, un operaio, morto a 19 anni, Nunzio Sulprizio, abruzzese di Pescosansonesco nato nel 1817 e morto a Napoli nel 1836, proclamato beato nel 1963, da Papa Paolo VI, “un modello per la gioventù operaia”, protettore degli invalidi e delle vittime sul lavoro.
Nunzio ha origini nel pescarese, oltre che Pesco, Popoli, e un legame (inconsapevole) con Sulmona, città dove vivono alcuni suoi parenti, cugini o nipoti alla lontana, come la professoressa Ferminia Sulprizio, suo padre infatti era un cugino di beato Nunzio. Parliamo certo di quarta generazione e oltre, ma Ferminia è cresciuta nei racconti e nelle visite a Pescosansonesco, in quei luoghi, nelle generazioni che si sono succedute, con gli occhi davanti quella grotta tanto venerata e dove Nunzio era solito stare.
Sulla breve e intensa esistenza del giovane artigiano, segnata da sofferenze ma anche da una grande forza spirituale, Ferminia ci consegna attraverso i suoi ricordi di bambina, le parole di suo padre che parlava con orgoglio di questo ragazzo buono, lavoratore, l’accettazione totale della volontà di Dio, un puro. Emozionata e da sempre affascinata dalla storia di quell’ umile operaio, uno di quelli che abitualmente chiamiamo ultimi, e che ora salirà alle glorie della santificazione.
Nunzio era un ragazzo di bottega, un fabbro, attività tramandata nella famiglia Sulprizio da generazioni (anche il padre di Fermina era abilissimo nella lavorazione artigianale), di umile famiglia, rimasto orfano. Uno zio lo avviò alla professione di fabbro a Pescosansonesco, un duro lavoro, si narra addirittura di privazioni, maltrattamenti, condizioni non idonee per la sua gracile costituzione, e così si ammalò di carie ossea dopo una ferita alla caviglia che gli procurò da quel giorno dolori atroci, per questo, per lavare bene quella ferita sul piede iniziò a recarsi alla fonte di Riparossa, anche se, gli abitanti del paese, cercavano di tenerlo alla larga dalla fonte, per timore di rimanere infetti. A contraddistinguere questo giovane fabbro, un’incredibile sopportazione del dolore, devoto alla Madonna, una forza interiore nell’affrontare la malattia, accettazione totale, gentilezza con tutti e preghiera. In povertà, non potendo più lavorare, a quanto pare, fu costretto dallo zio a chiedere l’elemosina, una vita di stenti che però conobbe un momento di amore. Ad aiutarlo il colonnello Felice Wochinger, conosciuto come “il padre dei poveri”, che divenne un secondo padre per Nunzio, lo portò a Napoli per farlo curare ma le sofferenze restarono, fino ad un passo dall’amputazione dell’arto, poi la morte del giovane, neppure ventenne. Numerosi i pellegrinaggi a Riparossa e a Napoli dove sono custodite le sue spoglie.
Perché santo? Un miracolo, a quanto pare il terzo, avvenuto per sua intercessione è stato ritenuto come valido dalla Chiesa. L’episodio riguarda un giovane di Taranto che dopo un incidente rimase gravemente ferito entrando prima in coma e poi in uno stato vegetativo. I familiari fecero arrivare, dalla parrocchia di San Domenico Soriano a Napoli, la reliquia che fu posta dalla madre in sala di rianimazione, così la richiesta di una benedizione. Pochi giorni dopo, i sanitari, contattarono i genitori avvisandoli che il figlio da quel dì non avrebbe avuto più bisogno della rianimazione. Vengono segnalati anche altri possibili segni, persone che sarebbero entrate nel santuario di Riparossa in stampelle e uscite senza, a farlo pensare il ritrovamento di alcune stampelle in un’ala del santuario a seguito del terremoto.
Ferminia ricorda tra l’altro come il 14 aprile Nunzio sarà proclamato santo nello stesso giorno di colui che volle fortemente nominarlo beato, Papa VI, “una coincidenza sorprendente, così pure assieme ad un altro grande uomo, il vescovo Romero” sottolinea, Oscar Arnulfo Romero, il prelato martire, ucciso dagli squadroni della morte in Salvador nel 1980. Ma la cosa che le preme di più è il messaggio e l’immagine del giovane Nunzio, un ragazzo povero, un santo laico, dal nome non altisonante, un umile che non viene dal mondo ecclesiastico, una voce del popolo, un esempio di semplicità e forza per i bisognosi.
A circa un mese dalla canonizzazione, l’attenzione è febbrile per i fedeli, in particolar modo abruzzesi e campani, tra miracoli e devozioni, Ferminia, donna laica, vive con profonda ammirazione l’attesa della proclamazione e, di certo, almeno per questa volta, non sarà irriverente poter dire di “avere un santo in paradiso”
Anna Spinosa
Senza l’intervento del mondo ecclesiastico,però, la vita di quel povero giovane non l’avrebbe ricordato nessuno.(Neanche Ferminia)