Il ritorno a scuola a settembre non sarà così semplice per gli studenti sulmonesi, soprattutto perché bisognerà trovare prima le scuole. L’emergenza sanitaria e il conseguente blocco dei cantieri dal 13 marzo scorso, infatti, ha disfatto in un certo senso il puzzle che l’amministrazione comunale aveva in mente per uscire da un’altra emergenza, quella logistica dovuta alla vulnerabilità sismica, che nel capoluogo peligno dura ormai da quattro anni.
Nei due cantieri già aperti, quello delle Masciangioli e quello delle Capograssi, i dubbi sulla possibile data di riconsegna entro settembre sono molti e, nel caso della Masciangioli in particolare, un’amara certezza.
“Riconsegnare la scuola entro settembre sarà impossibile – spiega il responsabile della ditta appaltatrice delle scuola di via Mazzini, Roberto Di Ramio – perché anche volendo ripartire il 4 maggio, come si dice, per noi non sarà semplice neanche stare nei sei mesi che pure abbiamo a disposizione. In particolare se per alcune opere, come quelle di demolizione, non dovrebbero esserci problemi, per altri interventi che richiedono la stretta vicinanza degli operatori, come l’innesto della fibra nei pilastri, rispettare il distanziamento sociale sarà quasi impossibile”. A questo si aggiunge il problema delle forniture: il blocco generalizzato ha reso difficile il reperimento dei materiali che servono sui cantieri (dall’acciaio alla giolite) e le misure di prevenzione imposte dal distanziamento impedirà di utilizzare molti operai contemporaneamente, come ad esempio sulle Masciangioli era previsto.
Meno grave, ma altrettanto incerta, la situazione per le Capograssi dove a pieno regime potrebbero bastare due mesi di lavori. Ma il pieno regime, anche qui, non sarà possibile: per la difficoltà nel reperire fornitori e manodopera specializzata (come le zincature) e per la necessità, innanzitutto, di adeguare il cantiere alle misure di sicurezza, secondo il rigido protocollo emanato la settimana scorsa (il Cncpt) che prevede percorsi separati per fornitori e operai, distanze di sicurezza, servizi igienici e spogliatoi in numero adeguato a non creare assembramenti, pulizie e sanificazioni costanti e giornaliere degli spazi. I due mesi potrebbero facilmente diventare tre o quattro, se non ci saranno ulteriori intoppi.
Alla riconsegna dei due stabili, d’altro canto, è collegato anche l’avvio dei cantieri nelle altre scuole: “Per le Serafini potremmo partire a breve perché venerdì saranno consegnate le integrazioni richieste dal Genio civile – spiega l’assessore ai Lavori Pubblici, Salvatore Zavarella – ma è evidente che l’apertura del cantiere qui è collegata alla possibilità di spostare gli studenti in altra struttura. Se non aprono la Masciangioli e le Capograssi, resteranno occupati sia i Musp che l’edificio Sant’Antonio e non sapremmo dove mettere gli studenti”.
Giovedì intanto andrà in giunta il progetto del primo lotto per la Lombardo-Radice, mentre si è in dirittura d’arrivo per la firma del contratto di progettazione per il nuovo polo scolastico di via XXV aprile. Si tratta tuttavia di lavori pubblici che richiedono ancora molto tempo per vedere la luce e il taglio del nastro.
Non sono esperta del settore e non mi occupo di amministrare un comune (manco morta lo farei), ma utilizzare le strutture fantasma delle zone industriali? Possibile che nessuno ci pensa?😡
Il mio è solo un pensiero non una critica, ci tengo a precisarle.😉
E brava Stefy…ma è una soluzione troppo semplice per Amministratori, burocrati e “prenditori” famelici.
Hanno poco da spolparci.
Vuoi mettere invece una bella ristrutturazione e adeguamento totale di un edificio ormai vetusto, con costi stratosferici tra appalti e subappalti, imprevisti, consulenze, progettazioni e collaudi. Con costi triplicati rispetto a soluzioni antisismiche, moderne e polifunzionali.
Un giro orgiastico di denaro pubblico a cui nessuno vuole rinunciare.
Cara Stefy, l’idea è interessante ma non risolve il problema. Nessuna delle strutture abbandonate nella zona industriale potrebbe essere utilizzata senza robusti interventi di ristrutturazione e/o adeguamento (impiantistica, servizi igienici). E siamo quindi da capo, con l’ulteriore complicazione che per l’istruzione secondaria superiore di primo e secondo grado si avrebbe un intreccio di competenze tra la provincia (che è competente per i piani di utilizzazione degli edifici) e il Comune (o comunque i proprietari dei capannoni).
Al di là della situazione emergenziale nella quale ci troviamo da anni ormai, resta valido il principio di fondo. La letteratura sull’economia urbana sin dagli anni ’40 del secolo scorso ha chiarito che il principio ordinatore delle attività in un centro urbano dovrebbe essere quello basato sulla capacità dell’attività di pagare rendita. Gli uffici pubblici, le scuole e tutte le attività che non devono generare profitti e non devono essere direttamente produttive andrebbero spostate al di fuori del centro, mentre al centro andrebbero collocate le attività che producono il maggior valore aggiunto (e che possono quindi pagare una rendita più elevata). Anche perché, se non vogliamo avere, fra 10 anni, un centro storico vuoto e con stabili decadenti, è indispensabile che gli occupanti siano soggetti che pongono in essere attività ad elevata produttività.
Quali possano essere, poi, queste attività è tutto un altro tema. Soprattutto se la visione degli imprenditori attuali del centro storico si basa tutta sull’eliminazione della ztl!
Comunque si faccia nel nostro paese, pare non vada mai bene nulla. Se si prendono iniziative o viceversa se si resta con le mani in mano, c’è sempre qualcuno che tema contro e ci vede del marcio. A volte le nuove iniziative e decisioni (mai facili da prendere), dovrebbero essere prima accettate e portate avanti, (naturalmente dopo attente valutazioni) e poi, esaminati i lati positivi e negativi apportare le dovute e necessarie modifiche. Ma come giustamente dicevate voi, Publio Vettio Scatone e MarioS se non ci sono interessi economici nessuno o quasi fa nulla.