Un altro pignoramento per il Comune di Sulmona, un’altra spada di Damocle che è destinata ad alleggerire e di molto le casse di palazzo San Francesco. La Costruzioni S.G., la ditta che negli anni Novanta realizzò il parcheggio di Santa Chiara, ha infatti notificato all’ente il suo diritto di credito chiedendo alla banca di tesoreria di bloccare i conti dei crediti verso terzi in suo favore. La somma di cui è debitore il Comune non è d’altronde irrisoria: oltre 430mila euro a saldo di un debito, riconosciuto dal tribunale di primo e secondo grado, di oltre 600mila euro per cosiddette riserve di appalto. Lavori, in pratica, aggiuntivi rispetto al progetto iniziale che ora, a distanza di quasi trenta anni, il Comune dovrà pagare con i dovuti interessi.
Il precetto è scattato nel maggio scorso a seguito della sentenza di secondo grado divenuta esecutiva ed ora il diritto di riscossione si è concretizzato nella imposizione del pagamento che, tra l’altro, dovrà essere riconosciuto come debito fuori bilancio.
Una vicenda che, in realtà, poteva risolversi in modo diverso, almeno secondo quanto sostengono Gaetano Pagone e Marialuisa Fabiilli che quasi venti anni fa sollevarono con un’interpellanza il problema in qualità di consiglieri comunali, rivolgendosi anche all’Autorita dei Lavori Pubblici che diede loro ragione. “Diverse furono le sollecitazioni verbali agli Uffici preposti e agli Amministratori comunali al fine di ricondurre i lavori ad un corretto iter amministrativo – ricordano Pagone e Fabiilli – L’Amministrazione frappose un muro tra il loro modus operandi e le nostre legittime osservazioni. Questo stato di cose ci costrinse a rendere noto ciò che stava accadendo all’Autorità dei Lavori Pubblici che, sostanzialmente, dette ragione ai nostri rilievi. Era necessario rimediare agli errori che, come da noi previsto, erano forieri di riserve onerose da parte dell’impresa appaltatrice. Nessuna iniziativa fu presa. Non ci si preoccupò di condurre una transazione con l’impresa per limitare i danni economici che si stavano procurando”.
Il punto nodale per Pagone e Fabiilli è proprio questo: l’ostinazione cioè di dirigenti e classe politica a non trovare un accordo, ma di andare allo scontro, consapevoli che prima o poi il conto lo avrebbe pagato qualcun altro. Visto il palese e riconosciuto difetto nel quale si trovava il Comune, insomma, sarebbe stato più saggio fare una transazione che sarebbe potuta costare al Comune anche la metà.
“Alla luce di tutto ciò e una volta acquisiti tutti gli atti – aggiungono i due ex consiglieri comunali – si valuterà la possibilità di interessare la Corte dei Conti per verificare la condotta avuta dagli amministratori e funzionari di un tempo in riferimento ad eventuali danni arrecati all’Erario e di cui dovrà farsi carico la collettività”. Una sosta costata cara ai sulmonesi.
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