E’ l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico a chiedere ora lo stop alle opere di Snam in località Case Pente e la tutela dell’intera area con il vincolo culturale. Niente centrale di compressione né gasdotto, come lascia intendere la lettera a firma di Stefano Deliperi del GrIG, che ha chiesto agli Organi centrali e periferici del Ministero della Cultura l’avvio delle opportune valutazioni finalizzate alla tutela dell’area con il vincolo culturale, nonché l’emanazione di misure preventive e cautelari per i beni culturali interessati.
Una proposta figlia della forte contrarietà espressa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo nei confronti dell’apertura della cava in località Case Pente. Parere negativo in virtù dei lavori di estrazione che, citando la stessa Soprintendenza, “verrebbero a interferire pesantemente con un complesso archeologico fra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli”.
Non è un mistero, infatti, che in Case Pente, nel corso del tempo sono state rinvenute diverse sepolture di epoca romana (III-IV sec. d.C.) e l’iscrizione nota come dei Callitani, oggi esposta al Museo Archeologico di Sulmona. Nelle immediate vicinanze, presso Colle Macerre, altri sarcofaghi di epoca romana. Inoltre sono presenti la Chiesetta rupestre di S. Angelo in Vetulis, fra i più antichi esempi dell’architettura e dell’arte alto-medievale in Abruzzo, e, nella contigua Valle del Torrente Vella, un possente muro di terrazzamento di epoca risalente con i resti di un’articolata e ampia struttura di epoca romana, probabilmente una villa del I sec. a. C., una parte della quale venne trasformata nella Chiesetta rupestre di San Leopardo.
“Bisogna intervenire senza indugi – scrive il GrIG -, perché il sito rischia di esser stravolto dal progetto della centrale di compressione del gas naturale del Gruppo Snam s.p.a., a servizio del gasdotto “Rete Adriatica”, noto come il gasdotto dei terremoti, perché – incredibilmente – va a attraversare pesantemente buona parte dell’Appennino, fra le aree a maggior rischio sismico d’Europa”.
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