
Un altro capitolo di una storia infinita sul progetto Snam arriva a Sulmona con la macchina del tempo, da un’epoca lontanissima. Lì a Case Pente, dove sorgerà la centrale di compressione del gas, è stato rinvenuto grande edificio antico, di epoca italica e romana, completamente sepolto, è stato individuato grazie a indagini radar e alcuni sopralluoghi preliminari. Una scoperta che potrebbe sbattere le porte in faccia alla centrale Snam.
La Soprintendenza archeologica competente parla di elementi che “potrebbero già indicare la possibilità di prevedere una delocalizzazione dell’intervento in progetto in quest’area”. Nel rapporto sulla verifica dell’interesse archeologico dell’area, trasmesso dalla Snam a febbraio 2019 all’allora Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo e visionato dall’ANSA, l’indagine effettuata da una società specializzata ha rivelato con i sopralluoghi la presenza di materiale archeologico su tutta l’area oggetto della ricognizione: frammenti di tegoloni, di mattoni, pietre con evidenti tracce di lavorazione, cubilia, frammenti ceramici. Il radar ha poi evidenziato strutture antropiche sepolte, di cui una più rilevante e altre probabili. Gli archeologi aggiungono quindi che la presenza massiccia di reperti e le pregresse segnalazioni, seppur generiche, non lasciano dubbi sull’esistenza in loco di un insediamento diffuso e articolato nello spazio e nel tempo, a maglie larghe, di epoca italica e romana, compreso tra due importanti assi viari che dalla conca peligna si dirigevano e si dirigono verso Est. La conclusione a cui giungono è che la ricognizione archeologica ha portato all’individuazione di materiale archeologico antico sull’intera area. La Soprintendenza archeologica, con una nota del 18 marzo 2019 a firma del Direttore Rosaria Mencarelli, ha risposto alla società che i risultati confermano e precisano i dati già in possesso di quest’Ufficio, circa la presenza nel sottosuolo di preesistenze di carattere archeologico e di reperti archeologici in superficie e che l’estesa articolazione delle strutture murarie, propria di un grande edificio, e l’evidente presenza di stratificazioni potrebbero già indicare la possibilità di prevedere una delocalizzazione dell’intervento in progetto in quest’area.

“La scoperta di un grande edificio sepolto è estremamente importante e ritengo impensabile realizzare lì un impianto industriale svilendo le testimonianze archeologiche che sono a fondamento della storia e dell’identità dell’antico popolo dei Peligni”. Lo dice all’ANSA l’archeologo e coordinatore dell’Archeoclub Abruzzo Alessandro Bencivenga, a proposito dell’edificio sepolto scoperto a Sulmona, aggiungendo che “l’intera area dove la Snam vuole realizzare i suoi impianti si conferma di grande interesse archeologico”. “Già De Nino, nel 1887 – spiega l’esperto – lì vicino aveva segnalato reperti. Sono note sepolture a fossa di epoca italica e romana, il sarcofago di epoca romana di Numisina e l’esistenza della chiesa rupestre altomedievale di Sant’Angelo in Vetulis. A Case Pente furono scoperte sepolture del III-IV secolo e l’iscrizione, ora conservata al Museo Archeologico di Sulmona, detta ‘dei callitanì che attesta la percorrenza tratturale del sito fin dal I secolo a.C. Gli stessi consulenti di Snam citano un testo dell’archeologo Frank Van Wonterghem, che aveva rintracciato muri antichi, ammettendo due interferenze dirette con il progetto della centrale per il sito già investigato con il georadar e per una seconda area che si trova dietro il cimitero di Sulmona, non ancora indagata”, conclude Bencivenga.
Intanto, il prossimo 9 luglio si terrà un convegno scientifico sul metano nell’epoca della decarbonizzazione, tenuto da docenti universitari ed esperti che esaminaranno ogni aspetto del gasdotto appenninico e della centrale Snam di Sulmona. L’appuntamento è fissato alle 15 presso l’Università D’Annunzio di Pescara, nella facoltà di Architettura.
Tema del convegno: “Il metano nell’epoca della decarbonizzazione. Il caso del mega gasdotto appenninico e della centrale Snam di Sulmona”. Un argomento che sarà affrontato da diversi punti di vista con l’obiettivo di chiarire ogni aspetto della questione. Si comincerà con i saluti istituzionali affidati al prof. Lorenzo Pignatti, Direttore del Dipartimento di Architettura dell’Università di Chieti-Pescara. Quindi il giornalista Luciano Di Tizio, cui spetta il ruolo del moderatore, darà la parola a Stefano Civitarese, professore di Diritto Pubblico dell’ateneo teatino-pescarese per una serie di osservazioni introduttive.

Ben otto le relazioni previste: Pietro Di Paolo, economista aziendale, riferirà su: “La insostenibilità del progetto Snam sotto l’aspetto energetico ed economico”. Melania D’Angelosante, professoressa di Diritto Amministrativo dell’Università di Chieti-Pescara, dirà invece delle “Caratteristiche e opacità del procedimento autorizzatorio”. Il geologo Francesco Aucone scenderà nei dettagli con una relazione su “La sottovalutazione del rischio sismico legato al mega gasdotto Linea Adriatica e l’esempio emblematico della centrale Snam di Sulmona”. Toccherà invece a Paolo Ciucci, professore di Zoologia all’Università La Sapienza di Roma, centrare l’attenzione su una specie ad alto rischio di estinzione, simbolo dell’Abruzzo e delle dinamiche di conservazione a livello mondiale, con un intervento su: “Modelli integrati per la conservazione dell’orso bruno marsicano su scala paesaggistica”. Piero Rovigatti, professore di Urbanistica all’Università di Chieti-Pescara, parlerà invece sul tema: “Il monitoraggio critico dei progetti ad alto impatto paesaggistico e urbano territoriale come occasione di cittadinanza attiva”. Si darà quindi piena attenzione all’aria che tutti noi respiriamo con Piero Di Carlo, professore di Fisica-chimica dell’atmosfera e Climatologia della “d’Annunzio”. La sua relazione illustrerà la “Emissioni dirette ed indirette di gas clima-alteranti da infrastrutture metanifere: compatibilità con Green New Deal e PNRR”. Uno sguardo al passato, invece, con Rosanna Tuteri, archeologa della Soprintendenza ABAP Chieti-Pescara: “Risorse archeologiche di cultura millenaria: il futuro anteriore comincia da Case Pente”. L’ultima relazione la terrà infine il naturalista e botanico Aurelio Manzi trattando “L’impatto sul paesaggio vegetale e sulle comunità floristiche dell’Appennino”. Alle relazioni seguirà un dibattito aperto agli interventi dei presenti mentre le osservazioni conclusive saranno affidate all’ambientalista Mario Marano Viola. La partecipazione è libera, ovviamente nel pieno rispetto della normativa anti-Covid ed è prevista anche la diretta streaming su Zoom.
L’evento è organizzato da diverse associazioni, partendo dal WWF, passando per CAI Abruzzo, fino ad arrivare a Greenpeace. E poi Altura, Comitato Cittadini per l’Ambiente Sulmona, Comitato NoTubo – Abruzzo Marche Umbria, Dalla Parte dell’Orso, Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, LIPU,Mountain Wilderness,Pro-Natura,Rewilding Apennines e Salviamo l’Orso.
Intanto il deputato abruzzese Andrea Colletti (L’Alternativa c’è) a seguito delle notizie trapelate sul sito archeologico ha annunciato che presenterà un’interrogazione parlamentare urgente ai ministri della Cultura e dello Sviluppo economico: “Se così stanno le cose, è impensabile realizzare lì la centrale. Presenterò immediatamente un’interrogazione ai ministri della Cultura, Dario Franceschini, e dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti – scrive il deputato – per chiedere di bloccare il progetto ed avviare tutte le verifiche del caso”.
Provvidenziale! Delocalizzeranno senza demordere, purtroppo, ma almeno dovranno rivedere questo
Infausto progetto depauperante per l’intero territorio.
Provvidenziale speriamo che la sovrintendenza possa mettere una pietra tombale su questo progetto infausto. Che botta di c…..o speriamo che il passato dei popoli peligni italici anche loro insieme ci possano dare una mano.
annamo bene, sta discarica di inerti “italica” (alla fine non siamo mica tanto cambiati in Italia poi…) vale più di un opera strategica per lo sviluppo per il prossimo secolo. Stai a vedere che il satellite a raggi x a trovato (sotto la discarica) lo scheletro del bis bisnonno dell orso bruno chiamato volgarmente disonauro!
mi dispiace veramente che non vi rendete conto che l’ UTOPIA delle emissioni zero è l ultima presa in giro (x nn dire di peggio) degli ultimi anni (dopo il freon, il buco dell ozono e via via dicendo)
L’utopia occidentale delle emissioni zero: lo sviluppo dell’umanità resterà basato su petrolio e gas ancora a lungo.
Mentre USA ed Europa riducono le emissioni di CO₂, Cina, India, Indonesia e molti altri Paesi del mondo orientale le aumentano, annullando di fatto i sacrifici dell’Occidente in nome del rispetto del pianeta
A metà maggio, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), l’agenzia più importante del mondo sulle questioni energetiche, ha emesso un rapporto in cui chiede l’immediata fine di tutti i nuovi investimenti nel settore globale del petrolio e del gas, in modo che il mondo possa raggiungere le emissioni di carbonio zero entro il 2050. Tuttavia, meno di un mese dopo, la stessa IEA ha richiesto, in modo incredibile, ai Paesi OPEC+ di aumentare la produzione di petrolio per evitare uno shock al rialzo dei prezzi. La domanda di combustibili fossili non mostra segni di allentamento e continuerà a crescere per decenni poiché i Paesi in via di sviluppo cercano una crescita rapida per soddisfare le aspirazioni dei loro cittadini. il mantra delle emissioni zero, sostenuto dal mondo sviluppato, come una pia illusione, nel mondo in via di sviluppo, ci sono 800 milioni di persone che non hanno accesso all’elettricità. Non si può dire che devono raggiungere le emissioni zero. Hanno il diritto di svilupparsi. Vogliono costruire grattacieli e avere un tenore di vita più alto. Non si può fermare questo. Nonostante il clamore sulle energie rinnovabili è molto più probabile che le politiche energetiche nei più grandi Paesi in via di sviluppo, come Cina, India, Brasile, Sudafrica e Indonesia, non saranno influenzate dalle decisioni del mondo occidentale. La compagnia nazionale saudita Saudi Aramco e ADNOC, compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, intendono aumentare notevolmente la loro capacità produttiva, mentre il Qatar si è impegnato a spendere miliardi di dollari per espandere il gas naturale liquefatto del 50%. La russa Rosneft ha iniziato ad investire in un megaprogetto petrolifero nell’Artico, che darà lavoro a 400.000 persone, creerà 15 nuove città industriali e costruirà 800km di nuovi oleodotti. Anche la Russia intende aumentare massicciamente la sua produzione di carbone e raddoppiare le sue esportazioni nei prossimi 15 anni.
Quindi, mentre USA ed Europa riducono le emissioni di CO₂, Cina, India, Indonesia e molti altri Paesi del mondo orientale le aumentano. Centinaia di centrali a carbone sono in costruzione o in progetto in Oriente, mentre il mondo occidentale si impegna a ridurre le emissioni, puntando ad eliminare l’utilizzo dei combustibili fossili.
Nel 2019, la Cina da sola ha raggiunto le emissioni di anidride carbonica di tutta l’Europa, il Nord America e il Giappone messi insieme, rappresentando oltre il 27% delle emissioni globali totali, staccando gli USA al 2° posto con l’11%. I 14,093 milioni di tonnellate di CO₂ emessi dalla Cina nel 2019 rappresentano oltre il triplo dei livelli del 1990 e un aumento del 25% negli ultimi 10 anni. Nel 2019, le emissioni pro capite della Cina hanno raggiunto 10,1 tonnellate, quasi triplicando il valore degli ultimi 20 anni.
Allora è inevitabile chiedersi perché il mondo occidentale debba impegnarsi a perseguire l’utopia delle emissioni zero mentre tutto il resto del mondo, proseguendo sulla strada dello sviluppo, punta sulla centrali a carbone, che annulleranno tutti i sacrifici che i governanti occidentali stanno imponendo.
L’Asia rappresenta il 55% della popolazione mondiale e dal 1965 la domanda di energia è cresciuta di quasi 14 volte. Fornire energia a prezzi accessibili, riducendo anche le emissioni, deve avvenire in Asia. L’Asia rappresenta il 75% della produzione mondiale di elettricità da carbone” Il solare e l’eolico sono state le fonti di elettricità globale in più rapida crescita dal 2005 in termini di tasso, eppure hanno fornito meno del 25% della crescita della domanda globale di elettricità. Il solare e l’eolico sono intermittenti e richiedono backup, il che aumenta notevolmente i costi dell’energia al consumatore. Il gas naturale è stato la fonte in più rapida crescita per la generazione di elettricità a livello mondiale dal 1985, ed è il meno inquinante tra i combustibili fossili.
È evidente come l’idea di abbandonare le fonti fossili a favore delle energie rinnovabili nel mondo sia solo un’utopia, qualcosa di irrealizzabile, se non a discapito di crescita e progresso. E il tutto è ancora più irrealistico pensando che il mondo occidentale si ostina a seguire questa strada, in nome della lotta ai cambiamenti climatici, mentre il mondo orientale non rinuncia al progresso e allo sviluppo, puntando sulle forme di energia sulle quali l’Occidente stesso ha fondato la sua crescita. È come se il mondo occidentale facesse di tutto per fare gli interessi degli altri, per di più a proprie spese.
Non cambierà assolutamente nulla per il pianeta se soltanto i Paesi occidentali ridurranno le emissioni, mentre gli altri le aumentano a dismisura. L’unica differenza è che per questi ultimi arriveranno sviluppo e crescita, mentre i primi si tireranno la zappa sui piedi da soli, peraltro senza ottenere risultati per la Terra.
La domanda di combustibili fossili non mostra segni di allentamento e continuerà a crescere per decenni poiché i Paesi in via di sviluppo cercano una crescita rapida per soddisfare le aspirazioni.
noi vogliamo il metano!
L’utopia occidentale delle emissioni zero: lo sviluppo dell’umanità resterà basato su petrolio e gas ancora a lungo.
Mentre USA ed Europa riducono le emissioni di CO₂, Cina, India, Indonesia e molti altri Paesi del mondo orientale le aumentano, annullando di fatto i sacrifici dell’Occidente in nome del rispetto del pianeta
A metà maggio, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), l’agenzia più importante del mondo sulle questioni energetiche, ha emesso un rapporto in cui chiede l’immediata fine di tutti i nuovi investimenti nel settore globale del petrolio e del gas, in modo che il mondo possa raggiungere le emissioni di carbonio zero entro il 2050. Tuttavia, meno di un mese dopo, la stessa IEA ha richiesto, in modo incredibile, ai Paesi OPEC+ di aumentare la produzione di petrolio per evitare uno shock al rialzo dei prezzi. La domanda di combustibili fossili non mostra segni di allentamento e continuerà a crescere per decenni poiché i Paesi in via di sviluppo cercano una crescita rapida per soddisfare le aspirazioni dei loro cittadini
Sic stantibus rebus …..