Si sostituiranno a chi di dovere per mettere i sigilli al cantiere della centrale di compressione della SNAM, affiggendo un grande cartello con la scritta “cantiere abusivo sequestrato dai cittadini”. Lo annunciano i comitati cittadini per l’ambiente che domenica 26 maggio, alle ore 11:00, si ritroveranno in località Case Pente a Sulmona per “chiudere un cantiere abusivo”.
Un’azione resa necessaria, spiegano i comitati, dall’inerzia delle autorità preposte che dopo 15 mesi di “denunce, manifestazioni pubbliche ed esposti alla magistratura, al ministero dell’ambiente e al Comune” non hanno fatto nulla. Nonostante le “tante infrazioni e criticità attinenti al progetto della SNAM sulla centrale e il metanodotto” proseguono i comitati ricordando le vicende di un progetto per il quale gli ambientalisti si battono da oltre sedici anni. Vicende che saranno rievocate da un flash mob teatrale che si svolgerà davanti a quel cantiere aperto il 1 marzo 2023 dalla società che però “non poteva farlo” per non aver adempiuto alle prescrizioni ante operam previste dal decreto VIA per il rilascio della compatibilità ambientale.
Una valutazione di impatto ambientale che seppure rilasciata, oggi è “di fatto decaduta” continuano i comitati perché, come stabilito dal Consiglio di Stato la VIA ha una durata di cinque anni, “dopo di che, se il progetto non è stato realizzato, va rifatta daccapo”. E qui di anni ne sono passati “addirittura tredici”, perché la VIA risale al marzo 2011 e SNAM ha sempre continuato indisturbata i suoi lavori per realizzare l’impianto di compressione e i 430 km della Linea Adriatica Sulmona – Minerbio, anche dopo il 7 marzo 2023, data di scadenza dell’autorizzazione a costruire rilasciata dal Governo alla multinazionale per realizzare “due opere climalteranti, costosissimee e nello stesso tempo inutili”. 2 miliardi e 500 milioni di euro a carico dei cittadini per infrastrutture non più rispondenti alle esigenze energetiche di un Paese nel quale i consumi di gas sono drasticamente crollati.
Questioni di legalità alle quali secondo i comitati si aggiungono le forti criticità che vedono i due progetti della centrale e del metanodotto insistere “su aree altamente sismiche e a rischio frane quali sono quelle dell’Appennino”. Territori da salvaguardare e non da distruggere con “l’abbattimento di due milioni di alberi” in un’area che è anche corridoio faunistico dell’orso bruno marsicano. Ribadendo l’importanza archeologica di un sito che, con tutta la Valle Peligna verrebbe “inquinato dalle sostanze nocive emesse dalla centrale” a detrimento delle economie locali, i comitati cittadini per l’ambiente invitano la cittadinanza a prendere parte a un’azione a difesa del territorio e di chi lo vive.
Adesso sì che si mettono paura