Sfratto ai profughi, 47 ucraini in lacrime: dovranno lasciare la loro nuova comunità in settimana

Dovranno andare via, dove, però, sarà la prefettura a deciderlo: Civita Retenga, Navelli, Roio. Posti remoti che fanno anche difficoltà a pronunciare. Sono i quarantasette cittadini ucraini ospitati presso l’hotel Manhattan di Sulmona, uomini, donne e bambini arrivati in Italia per fuggire da una guerra che da quasi quattro anni sconvolge il loro Paese. Persone alla ricerca di pace per ricominciare a vivere, non senza fatica, soprattutto all’inizio, quando la diffidenza, unita all’incomprensione linguistica, sembrava rendere tutto impossibile.

Eppure oggi, dopo tre anni, molti di loro hanno trovato lavoro sul territorio. I più piccoli hanno iniziato a frequentare la scuola, compiendo ogni giorno un passo verso l’integrazione. Come Artem, il bambino entrato a far parte della squadra del Sulmona Futsal, esempio di integrazione per tutti coloro che, come certificato nella relazione stilata dalla psicologa incaricata di seguire la permanenza degli ucraini nella struttura, “desiderano essere accompagnati in un percorso di inserimento sociale che si sta rivelando più fruttuoso e proficuo di quello pensato all’inizio”. Parole che per Maurizio Zaccardi, titolare dell’hotel Manhattan, rendono ancora più incomprensibile la decisione della Prefettura dell’Aquila di trasferire i 47 cittadini ucraini altrove, una decisione che, come lui stesso sottolinea “rischia di distruggere quanto costruito in questi anni”. Prima di tutto dagli stessi ucraini che dopo non poche difficoltà oggi possono dire di sentirsi a casa.

“A febbraio dello scorso anno – ricorda Zaccardi – ho presentato al Comune di Sulmona una manifestazione di interesse per l’ampliamento del centro di accoglienza speciale, il CAS ubicato nella struttura dove si trova la Guardia di finanza e che attualmente ospita altri 15 ragazzi ucraini”. Un centro che, continua Zaccardi “poteva essere ampliato o spostato utilizzando gli spazi della mia struttura”. Ambienti di cui la stessa prefettura insieme ai vigili del fuoco e alla ASL ne hanno confermato l’idoneità a seguito di sopralluogo eseguito a distanza di un mese e mezzo dalla richiesta inoltrata al Comune.

“Non capisco perché oggi – continua Maurizio Zaccardi – la prefettura dispone il trasferimento degli ospiti da un luogo che lei stessa aveva dichiarato idoneo all’accoglienza”, una domanda che lascia senza risposta chi come Zaccardi pensa che “se il Comune avesse agito prima, comunicando alla stessa Prefettura la mia richiesta, forse tutto questo non sarebbe accaduto”. Parole confermate per Zaccardi dall’art. 2 della convenzione stipulata tra il Comune e la prefettura dell’Aquila secondo il quale “il Comune potrà individuare o proporre strutture aggiuntive o sostitutive di quelle indicate purché dotate dei requisiti previsti dalla legge. In tal caso le parti si riservano di procedere all’integrazione della presente convenzione mediante semplice scambio di comunicazioni”. Proprio quelle che, secondo Zaccardi, il Comune non avrebbe inoltrato alla prefettura. Di diverso avviso gli uffici comunali dove spiegano che la gestione dell’accoglienza dei cittadini stranieri presenti nel nostro territorio è di esclusiva competenza della Prefettura e che il Comune nulla può se non rispettare le determinazioni dell’ente preposto. Anche se, aggiungono dal Comune di Sulmona, non sono mancate interlocuzioni con la Regione e la Prefettura per confermare ampia disponibilità da parte dell’ente comunale nei confronti del titolare del Manhattan per continuare ad ospitare i cittadini ucraini già presenti in struttura. Di più insomma il Comune non poteva fare e se qualcosa è andato storto nonostante la disponibilità a suo tempo manifestata, forse la causa è da ricercare altrove. Dove però non è ancora chiaro. Di certo non si tratta di motivi economici dal momento che, come spiega Zaccardi “se prima ricevevo circa 63 euro per ospite al giorno, con le nuove disposizioni, dalla prefettura riceverei circa la metà dell’importo”.

Intanto i rappresentanti della prefettura questa mattina sono entrati nelle stanze dell’hotel Manhattan dove, come racconta il titolare, “alcuni ospiti sono scoppiati in lacrime perché non vogliono lasciare questo posto”. Lacrime di rabbia mista a indignazione, sensazione quest’ultima che prevale non solo tra i gestori della struttura ma anche tra le aule della scuola “Lombardo Radice Ovidio” dove i bambini e i ragazzi ucraini frequentano le classi, dall’infanzia alle medie. “Siamo indignati per quello che sta accadendo – commenta l’insegnante Ada Di Ianni – A scuola stiamo raccogliendo le firme per impedire che gli alunni siano trasferiti”. Soprattutto dopo “l’importante lavoro pedagogico svolto durante l’estate quando – spiega Di Ianni – noi docenti abbiamo scelto di trascorrere due mesi con i ragazzi per insegnare loro la lingua e prepararli ad entrare in classe”. E ora, conclude Ada Di Ianni “li portano via” per dare seguito a una determinazione “burocratica” il cui significato pare sfuggire a tutti. E chissà se a far luce sulla vicenda sarà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a cui Maurizio Zaccardi ha già inviato una lettera per raccontare quanto sta accadendo; una lettera inviata anche al presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio e alla premier Giorgia Meloni per mostrare anche a loro il vero volto dell’integrazione. Quella che con impegno e sacrificio ha dato vita alla “grande famiglia del Manhattan” come la definiscono gli ospiti ucraini; una famiglia che oggi rischia di essere distrutta da quelle stesse istituzioni che dovrebbero proteggerla.

Dacia, che ha dodici anni e frequenta la prima media Ovidio, non se ne fa capace: qui faceva danza e aveva trovato nuovi amici. “Dovremo ricominciare tutto da capo – aggiunge Kateryna, architetto che a Sulmona aveva avviato una lenta e faticosa ricostruzione della sua persona e della sua famiglia – qui è la mia seconda casa, non voglio andare via, non si sa neanche dove e a fare cosa, con i miei figli che saranno costretti a prendere un autobus un’ora al giorno per andare a scuola”.

Qualcuno ha cominciato già a fare le valige: “Se volete potete trasferirvi anche questo fine settimana” gli hanno detto gli inviati della prefettura. Ma da Sulmona nessuno vuole andare via. Nessuno vuole ricominciare, ancora una volta, da capo.

5 Commenti su "Sfratto ai profughi, 47 ucraini in lacrime: dovranno lasciare la loro nuova comunità in settimana"

  1. Ottimo spero li riportino in Ucraina

  2. Don Peppe Diana | 23 Gennaio 2025 at 15:53 | Rispondi

    Siete senza vergogna…

  3. “Civita Retenga, Navelli, Roio. Posti remoti che fanno anche difficoltà a pronunciare” non capisco il senso di questa affermazione. Non solo, perché definirli remoti? per chi ci è cresciuto e non può permettersi di spostarsi invece va bene?

    • A parte che è Civitaretenga ed è strano che un sulmonese non conosca neanche la toponomastica dei comuni vicini. Ma definire Poggio di Roio remoto (difficile da pronunciare, ma jamo) ce ne vuole… già che ci sta la facoltà di Ingegneria ci stanno gli autobus ogni 20 minuti circa con il Centro.

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