Il senso del punto vita.
Allacciate le parannanze, tirate su le maniche e accendete le cappe aspiranti: oggi cuciniamo la “CICERCHIATA”.
Non importa se mancano ancora quattro mesi e cinque feste al martedì grasso: portiamoci avanti con il lavoro, con i progetti, con la frittura e i trigliceridi, per essere pronti alla prova costume (di Carnevale).
In una ciotola setacciate 500g di farina e una bustina di lievito per dolci. Unite 50g di burro fuso, 2 tuorli d’uovo, 2 cucchiai di zucchero, un pizzico di sale e un bicchiere di latte. Amalgamate gli ingredienti e fate riposare l’impasto per 30 minuti. Riposatevi anche voi, che ora viene il bello.
Prelevate piccole porzioni di impasto e arrotolatele tra i palmi delle mani, fino ad ottenere mini polpettine della dimensione di un cece.
A scriverlo si impiegano pochi secondi, ma a farlo lo scoramento è dietro l’angolo e la tentazione di triplicare il raggio delle palline si fa irresistibile, però la cicerchiata si chiama così per il suo aspetto di ammasso di ceci (cicerchie) e non possiamo trasformarla in “albicoccata”.
Ora friggete tutto. Friggete come se non ci fosse un domani, invece il domani ci sarà e voi puzzerete di fritto.
Prima di farvi la doccia, asciugate il frittume su della carta assorbente, impiattatelo con un po’ di fantasia e cospargetelo con miele e confettini colorati.
La vostra cicerchiata è pronta.
La mia no. Io ho perso la pazienza alla quinta pallina: ho fritto tutto l’impasto intero e pure la ciotola.
Però ammiro tanto chi fa cose del genere: plotoni di tortellini, torri di pizzelle, piramidi di polpettine per il brodo di cardo…
Qual è la misteriosa forza che spinge una persona a fare simili lavori di precisione e pazienza, canticchiando pure una canzone nel mentre?
Non è una forza, ma un fine.
Si impasta, si arrotola, si farcisce e decora per poter poi tentare, nutrire e qualche volta ingozzare parenti e amici.
Ogni polpetta, frollino, bignè o pizzella rappresenta una coccola, un bacio, una carezza, decine di calorie che scaldano il cuore e allungano la vita. Il punto vita.
Il senso della vita è il senso che diamo ad ogni gesto che facciamo.
Anche le persone come me, che friggono poco e cercano di bilanciare il pasto in pochi minuti e sempre di corsa.
Il senso della vita è quel punto dell’orizzonte verso il quale siamo diretti e non importa se la Terra è rotonda e ci toccherà camminare per sempre: noi vogliamo andare proprio lì e ci arriveremo friggendo, pulendo le fughe delle piastrelle, alzandoci alle sei per andare a lavorare, pagando imposte dai nomi strani, raccontando barzellette che neanche abbiamo capito e accettando una fetta di dolce anche se non abbiamo fame, perché è importante anche accettare, non solo dare.
Il senso della vita è il senso di ogni giornata. Il motore che muove tutte le azioni, le fatiche, ogni piccola pallina della grande cicerchiata.
Il senso della vita lo troviamo quando abbiamo il coraggio di guardare la nostra bussola interna e di seguirla anche se ci porta fuori dalla zona comfort, dove il mare è spesso in tempesta e i pirati in agguato.
Il senso della vita non è lo stesso per tutti, ecco perché spesso entriamo in crisi e ci sentiamo contromano in un senso unico. Ecco perché a volte la vita perde senso e fa senso. Ecco perché ci ritroviamo a rincorrere obiettivi che non sono nostri, domandandoci come mai non siamo felici neanche quando va tutto bene, quando la botte è piena, la moglie ubriaca e l’uva alla vigna.
Il senso della vita è dare un senso alla vita stessa, lungo o breve che sia il tempo concessoci, e non basta il pensiero di un Paradiso finale. Il paradiso deve esserci in ogni giornata, in quel piacere profondo che proviamo nel dare conforto, nell’aggiungere un posto a tavola, nello stare un po’ zitti ad ascoltare gli altri, nel gorgoglio di certe risate genuine, nel primo caffè del mattino e nella doccia calda della sera, con tutte le fatiche della giornata travolte dal mulinello d’acqua e trasportate lontano, giù nello scarico.
Non possiamo afferrare la felicità e mettercela in saccoccia, ma possiamo essere felici. E possiamo esserlo solo seguendo la freccia che è dentro di noi, che ci indica il senso di tutto.
La salute che insomma, il lavoro che boh, l’amore che forse, il programma che crasha, la stanchezza, la noia, la paura, la cartella Equitalia, un brutto voto a scuola…solo i cadaveri non hanno problemi. I vivi i problemi li affrontano e tutto prende senso: ogni fatica, ogni sacrificio, ogni pallina della cicerchiata.
-Tieni, assaggia!
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Bravissima Raffa, ti seguo da zac 7 e ora finalmente i ritrovo qui. Mi piacciono moltissimo i tuoi articoli, anche se non sempre li condivido.