Scuola di guerra: Pizzola cacciato dall’evento di Unuci

“Educare i giovani alla pace non alla guerra”, con queste parole scritte su un cartello Mario Pizzola ha mostrato ieri, nella sala conferenze dell’Archivio di Stato di Sulmona, tutto il suo dissenso per il secondo concorso letterario dell’Unuci (l’associazione degli ufficiali in congedo) riservato agli studenti del 3°, 4° e 5° anno degli istituti superiori della Valle Peligna e Alto Sangro. Una palestra alla guerra, sostiene lo storico pacifista sulmonese che della non violenza è stato tra gli antesignani in Italia. “Sono stato circondato dai poliziotti e dai carabinieri presenti – racconta – che mi hanno prima invitato a togliere il cartello, dopodiché, constatato che non intendevo toglierlo, sono stato sospinto a forza verso l’uscita”.

Un evento che “si inquadra nel processo di militarizzazione della scuola italiana ormai in atto da tempo” ha ribadito il rappresentante del Centro per la nonviolenza di Sulmona evidenziando la vera finalità di un concorso che tende ad “orientare studenti e studentesse a scegliere la carriera militare”. Finalità non perseguita in modo esplicito, continua Pizzola, ma “attraverso un’abile manipolazione della realtà”. Come conferma il titolo del tema del concorso: “Essere soldati al servizio di tutti”, parole utilizzate per presentare quello militare come un “mondo ideale con i soldati come missionari di pace e le soldatesse come crocerossine al servizio dei più deboli”. Una narrazione che nasconde l’altro volto del servizio militare, “quello delle guerre, dei massacri, delle distruzioni in corso in Ucraina e in Palestina e delle altre guerre in atto nel mondo”. Durante la cerimonia infatti, sottolinea Pizzola, solo interventi volti a ricordare ai ragazzi che “il servizio militare non è stato abolito ma sospeso”, che ”le caserme di Sulmona in passato erano piene di soldati” e che “le Forze Armate servono per difenderci da attacchi sia interni che esterni”. Ma nessun cenno al fatto che “dietro le guerre ci sono quasi sempre potentissimi interessi economici e che l’art. 11 della nostra Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Una cerimonia che ha confermato, ribadisce Pizzola, come la penetrazione delle Forze Armate nelle scuole “non riguarda solo eventi sporadici, ma è il frutto di una strategia che investe l’intero Paese” e contro la quale già nel marzo 2023 presso la Camera dei Deputati è stato lanciato un appello. Firmato da cento docenti di scuole ed università pubbliche per “denunciare e contrastare le iniziative che hanno per obiettivo fare del sistema educativo italiano il luogo per la diffusione della cultura militare e per il reclutamento di futuri soldati”. Docenti che dando vita all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università intendono ribadire che “in un Paese democratico la scuola non può essere usata per preparare i giovani al mestiere delle armi ma deve sviluppare in essi la cultura della pace, della non violenza, del rispetto dei diritti umani e della solidarietà tra i popoli”.

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