L’asse nato fra la Regione e il territorio peligno alle ultime elezioni regionali, dove il neogovernatore Marco Marsilio ha stravinto in tutti i Comuni, sembra si stia per rompere. Alla base ci sarebbe l’atteggiamento della Regione, alle prese con la riorganizzazione della sanità regionale, che dopo le promesse di rilancio della sanità peligna fatte in campagna elettorale e dopo aver incassato in termini di consenso, ora pare latitare. Lo si legge ad esempio molto chiaramente nelle parole della sindaca di Sulmona Annamaria Casini, che pur aveva appoggiato il candidato Marsilio in campagna elettorale.
Casini parla di “assordante silenzio”, da parte della Regione che deve invece secondo la sindaca “rispettare il patto con gli elettori della Valle Peligna, che hanno creduto alla promessa di una politica in discontinuità e ad un investimento reale su ospedale e punto nascita, tanto da assicurarne il mantenimento in un presidio sanitario di I livello”. Casini sottolinea come il tempo “sta scadendo e di risposte per la Valle Peligna neanche una”, mentre lamenta il fatto che la Regione non abbia fatto nemmeno un incontro sul tema con gli amministratori del territorio. La settimana scorsa era stata invece la volta della consigliera regionale Marianna Scoccia, a rompere con la sua maggioranza dopo l’inettitudine nei confronti della sanità peligna.
Al coro di voci su questo tema caldo si aggiunge quello della consigliera comunale di opposizione Elisabetta Bianchi, che per quanto riguarda la salvaguardia del punto nascita peligno chiede alla Regione di avere “coraggio” nel chiedere alla ministra della Salute Giulia Grillo, la revisione dei parametri ministeriali stabiliti dal Decreto Lorenzin sulla chiusura dei punti nascita. “In quest’ambito – scrive Bianchi ci aspettiamo che le mutate condizioni politiche possano innanzitutto promuovere la riforma rapida dei parametri del Decreto Lorenzin dimostratisi inattuabili in una Regione montuosa a bassa densità demografica come Regione Abruzzo qualificando l’ospedale di Sulmona quale presidio di primo livello con un adeguato standard di servizi tra i quali il punto nascita assolvendo così alla deliberazione del consiglio comunale già consegnata all’assessora alla Sanità Nicoletta Verì”.
Infine dall’altro lato dei banchi del consiglio regionale, l’ex assessore alla Santià Silvio Paolucci, ora capogruppo del Pd, ha presentato una risoluzione per discutere in commissione regionale, la revisione dei parametri stabiliti dal Cpnn (Comitato percorso nascite nazionale) che annoverano il punto nascita peligno fra quelli necessariamente da chiudere.
Savino Monterisi
Non capisco con quale “faccia” faccia queste affermazioni.
Ma dimentica che è stata lei e la sua giunta a votare il declassamento dell’ospedale?
Concordo temp, ma i peligni hanno dimostrato nell’urna di avere memoria corta, qui abbiamo personaggi che hanno una disinvoltura ed una faccia di bronzo fuori dal comune. Siamo al delirio di onnipotenza… ed abbiamo una città che dorme e non ragiona.
Certamente c’è la mano di chi li ha votati e “messi al potere”, che non vuol dire essere parimenti colpevoli.
Tanti dei validi politici sulla carta e nelle intenzioni, si sono rivelati nella pratica degli abili millantatori quanto dannosi per la città.
Una volta si chiamava reparto di “Ostetricia e ginecologia”, dove oltre ai parti si facevano interventi inerenti l’apparato riproduttivo femminile. Ora il reparto si chiama “punto nascita”? La chiusura riguarda solo il punto nascita o sparisce tutto il reparto di ostetricia e ginecologia e con esso la pediatria? Non è poi che gli altri reparti siano messi bene, i cui medici debbono andare a prestare servizio anche all’ospedale di Castel di Sangro, anch’esso con l’acqua alla gola. Da come la vedo io ed è solo una mia impressione,il territorio peligno-sangrino non è in grado di assicurare una efficace sanità ai propri cittadini. Ormai chi ha bisogno di una sanità per malattie serie, emigra in porti più rassicuranti. E le urgenze? Se sei fortunato te la puoi cavare. Le cause sono tante, che molti cittadini non hanno capito o voluto non capire. Ed i politici al solito fanno gli gnorri.”Mi nun so, mi son furesto”.