Sono due i morti ed un terzo trasferito ieri all’Aquila i pazienti sintomatici della clinica San Raffaele affetti da Covid. Lo riferisce una nota inviata ieri dal Dipartimento di prevenzione della Asl al presidente della Regione Marco Marsilio e al manager Roberto Testa, nella quale si chiarisce che “il sindaco è stato puntualmente informato” e si sottolinea, altresì, che l’ordinanza adottata ieri dalla prima cittadina nei confronti della clinica è di fatto inutile.
Nella relazione che ha per oggetto la “situazione epidemiologica città di Sulmona” si evidenziano sostanzialmente i motivi per i quali la città, a differenza di quanto richiesto dalla Casini, non ha elementi al momento per essere dichiarata zona rossa.
E questo perché al di fuori del caso San Raffaele risultano “solo” 11 casi di positività. Quindi relativamente controllabili.
Poi i numeri della San Raffaele, dai quali si apprende che oltre all’ottantottenne di Campo di Fano deceduto ieri, tra i 23 casi di pazienti affetti da Covid, c’è anche il decesso della settantaquattrenne di Teramo, proveniente da Bergamo, che era stata trasferita all’inizio a Chieti. Si tratta in pratica di quella che viene considerata la “paziente zero” della Valle Peligna e dal cui contatto si è sviluppato verosimilmente il focolaio nella clinica. Un altro paziente è stato invece trasferito ieri nella struttura del G8, portando a 20 totali i pazienti positivi attualmente ospitati nella clinica.
A questi casi, riconducibili alla San Raffaele, sono da aggiungere secondo il Dipartimento di prevenzione altri dieci contagi degli operatori sanitari (di cui uno risultato positivo ieri): uno domiciliato a Chieti, uno a Celano, uno a Pacentro e sette domiciliati a Sulmona. A questi, ancora, vanno aggiunti i due genitori della prima infermiera risultata positiva e, verosimilmente, ma non conteggiati probabilmente ancora dalla relazione, almeno uno dei due mariti delle infermiere accertati ieri.
“Ciò premesso, si sottolinea che con la collaborazione della medesima Casa di Cura – si legge nella relazione -, sono state dettate prescrizioni circa la messa in sicurezza sia dei degenti (positivi e non), sia degli operatori della struttura”. Come d’altronde era stato già richiesto il 2 aprile dallo stesso Dipartimento e adottato dalla clinica il giorno successivo.
Tutti gli operatori positivi, quindi, sono stati messi in isolamento domiciliare insieme ai loro contatti stretti, mentre gli operatori non positivi “ma riconosciuti quali contatti con pazienti Covid19 positivi, sono al lavoro ma posti in condizione di isolamento fiduciario con divieto di uscire di casa se non per recarsi al lavoro”. Ovvero quanto, in modo del tutto pleonastico e giusto un po’ propagandistico, è stato definito successivamente dall’ordinanza della sindaca. Tant’è che anche lo stesso Dipartimento appare stupito: “Mentre si scrive la presente (ore 18,30) si apprende che il Sindaco di Sulmona in data odierna ha emesso specifica Ordinanza ( N. 13 ) – scrive il direttore del Dipartimento, Domenico Pompei – che impone alla Casa di Cura le prescrizioni già fissate da questo Dipartimento”.
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