Al momento l’unico dato certo è l’effrazione del cancello di ingresso, l’occupazione della proprietà e una serie di danni rilevati nella struttura e in corso di accertamento, nonché rifiuti abbandonati nell’area. Il presunto scopo “sociale” del rave party, che si è svolto nel capannone sotto sequestro dell’Ex Saba a Raiano tra il 31 ottobre ed il 2 novembre, raccontato su alcuni organi di stampa dagli organizzatori, sembra essere stato disatteso in partenza.
A renderlo noto sono il commissario giudiziale, Marialba Cucchiella, e il liquidatore, Paolo Sambenedetto. Nessuna protesta per i rischi derivanti dall’amianto presente sul tetto, quindi, né, tantomeno, tra gli organizzatori ed i proprietari ci sarebbe stato un colloquio per chiedere tempi e modalità di smantellamento e bonifica del materiale tossico, così come affermato dagli organizzatori.
Da quanto specificano i due avvocati, infatti, “Il tetto di copertura dell’ex stabilimento non è interamente costituito da lastre di aeternit”, bensì “la porzione di questo effettivamente contenente amianto è stata oggetto di bonifica e di smaltimento secondo quanto prescritto dalla legislazione speciale vigente in materia, sotto il controllo della competente A.S.L.” ed ancora “la residua porzione del tetto di copertura contenente aeternit è oggetto di periodiche verifiche c.d. di ‘manutenzione e controllo’, sempre secondo quanto stabilito dalla legge”. Lavori, nel caso specifico della Saba, sono stati disposti dal tribunale di Sulmona con notevole dispendio di energia e su parere favorevole del commissario giudiziale (organo di vigilanza della procedura di concordato) e dei creditori (a mezzo del loro organo di rappresentanza (comitato dei creditori).
Quaranta ore di musica e trecento denunce per diversi reati, questo l’esito del rave scoperto dai carabinieri solo il giorno successivo. Altro che “protesta”.
S.P.
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