L’esordio è di quelli in salita, in un momento in cui l’emergenza cattura e ci cattura. Chiusi nelle proprie case da settimane, in attesa che qualcosa accada, che si accenda una luce in fondo al tunnel. Avremmo voluto presentare il nostro trimestrale “Unduetre Germe” in tutt’altro modo e contesto, con un evento magari, per parlare di pastorizia e mafie, di giornalismo di inchiesta. E invece gli eventi ci sono piombati addosso, hanno travolto e stravolto la vita di tutti e, verosimilmente, ci stanno cambiando nel profondo. Non saremo più gli stessi se e quando tutto questo finirà, quando il Coronavirus sarà battuto e si potrà tornare a stringersi le mani, ad abbracciarsi, a baciarsi. A vivere.
Per la nostra regione e per il territorio delle aree interne in particolare, che già stavano attraversando da tempo il periodo lungo della crisi economica e quello più repentino del calo demografico, la salita sarà ancora più ardua. Si calcola in Abruzzo la perdita di almeno cinquantamila posti di lavoro e un tracollo verticale e vertiginoso del settore del turismo che era quello su cui si stavano puntando le carte migliori e più promettenti. Persino la Pasqua, che di questo settore, da queste parti, è il gioiello più prezioso, sarà festa e business da archiviare o da rimandare a tempi migliori. Le migliaia di piccole e spesso piccolissime imprese che rappresentavano la spina dorsale della nostra economia, non sanno ad oggi come e se potranno rialzare la testa. Lo sforzo maggiore, quando finirà l’emergenza sanitaria, sarà quello di tenere insieme i pezzi di una comunità dilaniata, socialmente squilibrata, economicamente depressa. Perché neanche per i grandi, a partire dal settore dell’automotive, sarà facile rimettersi in moto.
Siamo in guerra, ci ripetono da settimane. E bisogna pure crederci, perché la maggioranza tra noi una guerra non l’ha mai vissuta. E anche chi lo ha fatto, non ricorda, dice, un nemico così ostile, così subdolo, così inafferrabile: che neanche una bomba gli puoi tirare contro, né un colpo di baionetta. Al posto dell’odore della macerie, c’è quello dell’Amuchina; alla diffidenza verso il nemico si è sostituita quella verso l’amico, il parente e il vicino di casa. E’ una guerra che ci uccide da dentro e che non ci regala neanche una pagina di quella “Resistenza umanitaria” che vissero i nostri padri, perché nega il calore e la comunione, ci vieta la socialità. “Andrà tutto bene” ci ripetiamo da mesi, pensando con orgoglio e speranza ai tempi del boom post bellico. Come fossimo in uno dei cicli della Storia, che un giorno racconteremo ai nostri nipoti, seduti davanti al calore di un camino: “Ai tempi del Coronavirus” e “bella ciao, ciao, ciao”. E noi saremo qui, come Radio Londra, a spiare il nemico, ad aiutare la Resistenza, a raccontare e a raccontarci. In trincea fino alla prossima edicola.
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