Quote rosa e quote grigie

Un documento dello scorso marzo dell’EPRS (Women in politics: A global perspective) mostra la situazione della presenza delle donne nella politica dell’Europa. Mediamente su cento solo 30 donne a fronte di 70 maschi occupano posti politici di rilievo. L’Italia si posiziona al nono posto con una media intorno al 25%. Ovviamente il podio è occupato dai Paesi nordici (Svezia, Finlandia e Austria) con valori anche superiori al 50 %. Il dato statistico, però, che emerge per il nostro Paese è la percentuale altissima di crescita negli ultimi 25 anni. Il periodo temporale corrisponde all’incirca all’introduzione delle cosiddette “Quote Rosa”. Questo provvedimento è volto ad introdurre obbligatoriamente un certo numero di presenze femminili; mira a ridurre la discriminazione di genere e in particolare a consentire alle donne di sfondare il Glass ceiling “soffitto di vetro”, ovvero la barriera invisibile che impedirebbe alla donna di accedere ad incarichi prestigiosi e ai centri in cui si prendono le decisioni.

Dovremmo fermarci a riflettere sulla necessità di introdurre e di dover mantenere ancora oggi una legge per garantire la presenza femminile nelle sedi istituzionali: vuol dire, in soldoni, che gli ambienti politico-istituzionali non sono naturalmente predisposte ad accogliere le donne.

L’immagine storico-culturale della donna come “angelo del focolare”, adatto ad un lavoro più di cura che di rappresentanza, ha relegato la figura femminile lontano dagli scranni politici e da tutto ciò che rappresentava la vita pubblica. Se questo non è più così vero negli ultimi tempi, resta il fatto che troppo spesso la donna assume un ruolo di secondo piano, sempre conforme a quell’idea di essere sensibile, materno, più adatto all’accoglienza che alla battaglia in prima linea. Nella società serpeggia ancora l’idea che se la donna vuol far carriera lavorativa o politica che sia, deve rinunciare alla famiglia. Il nostro Paese certo non aiuta con la totale assenza delle infrastrutture e investimenti necessarie che potrebbero tendere una mano in aiuto di quelle donne che vorrebbero seguire le proprie passioni e inclinazioni.

Nonostante un substrato così poco favorevole non sono poche le donne che riescono ad emergere e occupare posti apicali di natura politica ai diversi livelli perché in realtà la donna ha esattamente le stesse capacità di un uomo, le stesse possibilità, le stesse aspettative. Un concetto, quest’ultimo, ancora lungi dall’essere dominio di tutti; sembra quasi che il traguardo, se conquistato da un uomo è giusto e naturale, se è la donna a raggiungerlo si deve cercare una motivazione.

Il più delle volte si trova nella più becera delle supposizioni e cioè che quella donna abbia fatto carriera grazie ad un uomo o a più uomini ammaliati dal suo essere femmina dando la stura a situazioni di una gravità e una bassezza difficili da definire. Così gli insulti sessisti a carico di donne di successo riempiono le bocche e i social. Qualcuno sorride, qualche altro si scandalizza, si sbraita, si discute ma il concetto che se la donna sfonda il famoso soffitto di cristallo o è una poco di buono o è una cattiva madre di famiglia serpeggia e sopravvive.

Invece delle quote rosa iniziamo a pensare di regolare con la legge le cosiddette “quote grigie”, il colore della parte pensante e razionale del cervello: nei posti di comando non è necessario che ci siano un certo numero di donne o di uomini ma è assolutamente indispensabile che abbiano una quota di materia grigia sufficiente a fare bene, cosa non scontata di questi tempi.

Gianna Tollis

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