Oggi è San Valentino, il giorno istituzionalmente dedicato all’amore che ci fa ridere, piangere, urlare, vivere, morire e cantare.
L’amore che ci rende capaci di ingoiare una lacrima e sorridere ancora, che ci fa essere così saggi da non rinunciare a ciò che ci spetta, pretendendo un’attenzione, una carezza, un complimento, un apostrofo rosa fra le parole “T’ho fatto la carbonara”.
L’amore che mai come in questo periodo sto imparando dai miei genitori.
Mi sono resa conto di sapere davvero poco di loro due. Presi uno alla volta li conosco molto bene: mamma e i suoi acciacchi, il cuore e il portafogli che si sciolgono davanti a ogni bisognoso, le ricette stampate da Internet, gli ingredienti comprati e messi a scadere nella dispensa, il punto a croce, la dieta perenne e un cofanetto pieno di pillole colorate da prendere.
Papà e il condominio da amministrare, sempre un paio di beghe da risolvere, qualcuno da aiutare, la fretta, la politica, il suo modo brusco di dire le cose scomode e l’impegno ossessivo per rendere le cose comode.
Ma di loro due insieme, cosa ne so?
Che ne so della voglia che hanno di volare in America, delle passeggiate sui prati di Cansano, di album di foto ricordo in cui ormai si contano troppe assenze, di quattro nipoti, nessun maggiordomo e quasi sessanta anni di vita in comune?
Fino al 21 gennaio scorso non ne sapevo niente, ora credo di conoscere almeno una piccola parte dell’immenso che è solo loro.
Che sciocca sono stata. Pretendevo forse che i miei genitori divulgassero i propri sentimenti come una qualsiasi coppia bisognosa di consensi, per aver contezza del loro amore?
Mamma e papà appartengono all’epoca in cui cibo e tempo si condividevano nella realtà, non nel web. Fanno parte della generazione che non metteva i panni in piazza, sporchi o puliti che fossero, altro che dichiarazioni e litigi urbi et orbi.
Io però, in questi giorni di tempo immobile nei letti di ospedale, li ho osservati bene e li ho visti con le mani perennemente intrecciate.
Ho visto i loro sguardi silenziosi e i silenzi pieni di sguardi.
Ho visto mamma, ringiovanita di vent’anni, dimenticare ogni suo dolore e riuscire a fare a meno di cibo, riposo, ricami e ricette.
Ho visto un sentimento che non aveva niente di fraterno, abitudinario o caritatevole.
Era amore, di quelli da baciarsi sulla panchina della villa comunale, con uno stupidissimo cuore rosso da regalare il 14 febbraio, insieme ai baci Perugina, alle “Rose rosse per te” e a una cena a lume di candela (se vuole mammà).
Di quelli che fra problemi, acciacchi, discussioni e riappacificazioni, si sono fatti beffa del tempo.
Di quelli di un vestito comprato perché l’armadio è pieno di cose strette e la solita buffa tiritera da fare, come se l’abito nuovo fosse davvero un capriccio e non la testimonianza di quanto sia bello cedere insieme alla tentazione di un pasto un po’ più saporito e abbondante.
Ho visto, fra i miei genitori, un amore che non ha contato gli anni che passavano, ma le fioriture delle margherite di ogni primavera, riuscendo a sfogliare sempre l’ultimo petalo, con la certezza di un “M’ama” taciuto da troppo tempo, ma che il vento continuava a sussurrare.
Ho visto un amore che non è diventato routine o forse in alcuni momenti sì, perché la vita sa essere tanto dura e certi giorni c’è stato poco da ridere, tanto da sperare e qualche pianto da fare.
Sarebbe stato assurdo pretendere di passare tutti questi anni solo a passeggiare per mano e ridere felici.
La vita mette alla prova, certe volte schiaccia, trita, sposta, allontana e annienta, ma a quelle giornate si sopravvive solo se non si è soli, con i dolori da dividere in due e le gioie da moltiplicare per due.
Perché la vita è tanto dura, certo, ma ogni tanto ci fa un bel regalo e fra questi l’amore è quello più grande e generoso, che tutti i cuori meritano e che, osservando bene, non è difficile riconoscere per la sua chiassosa presenza o per la sua assordante assenza.
È proprio questo il bello, è proprio questo il brutto.
A mamma e papà, perché possiate presto tornare a casa insieme, alla solita vecchia, statica, noiosa, adorabile vita di sempre. Vi aspettano tutte le persone che vi vogliono bene, i parenti, gli amici, i condòmini, gli attivisti, qualche problema, tante gioie, quattro nipoti e nessun maggiordomo.
Tutto esattamente come l’avete lasciato.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
❤️ Auguri a tuo padre per una buona e veloce convalescenza ❤️
Auguro di cuore una pronta e completa guarigione al signor Antonio