Siamo sicuri che “quando tutto questo sarà finito, il mondo sarà un posto migliore”?
Ho l’impressione che questa affermazione sia diventata un luogo comune, da aggiungere al calderone delle frasi fatte, insieme alle varie “non esistono più le mezze stagioni” e “si stava meglio quando si stava peggio”.
Forse questa considerazione positiva è riferita alla diminuzione del tasso di inquinamento mondiale, visto che, a causa dell’emergenza Covid-19, molte industrie si sono fermate e la circolazione dei mezzi di trasporto è minima.
Il mondo sarà un posto migliore: con aria più salubre, ma ad abitarlo saremo sempre noi, tutti diversi, con pregi e difetti distribuiti qua e là.
Ci sono gli egoisti, gli altruisti, gli ironici, i seri, i coraggiosi, i pavidi, i fiduciosi e i pessimisti. C’è chi pensa a salvarsi e chi si impegna per la salvezza di tutti. C’è chi celebra medici e infermieri come eroi, in quanto lottano in prima linea con un nemico che ci terrorizza e chi, invece, avendoli come vicini di casa, li guarda con diffidenza perché potrebbero portare il virus nel palazzo.
Un giorno, quando tutto questo sarà finito, il mondo sarà sempre lo stesso e ci ritroverà con le nostre solite contraddizioni e ipocrisie. Saremo più arrabbiati e preoccupati per il disastro finanziario che dovremo affrontare e saremo ancora tutti divisi, alla faccia di “uniti ce la faremo”.
La storia si ripete: la lotta al coronavirus viene definita una “guerra” e si sa che, dopo una guerra, c’è sempre un dopoguerra da affrontare, con i problemi economici, sociali e morali dovuti al conflitto.
Già ora, a un mese dal primo decreto restrittivo che ci ha riguardato, ci sentiamo oppressi, perché ci manca la nostra vecchia vita e non sappiamo se la riavremo mai così come era prima, con la socialità, la libertà e gli assembramenti da poter fare spalla a spalla, senza mascherina.
Siamo angosciati, perché guardiamo i nostri figli e ci domandiamo quando potranno riavere la spensieratezza di cui avrebbero diritto alla loro età.
Siamo preoccupati, perché i numeri di contagi e decessi sono ancora troppo alti.
Siamo arrabbiati, perché invece di andare a lavorare, dobbiamo compilare moduli per ricevere sussidi dallo Stato.
Temo che, nei nostri cuori, il ricordo più nitido che avremo di questo periodo sarà il senso di lutto che ha accompagnato ogni nostro pasto, con i giornalisti dei notiziari praticamente seduti a tavola con noi, a rendicontarci su una situazione costantemente negativa. Dopo pochi giorni, al ventesimo telegiornale, ci siamo resi conto che #nonstaandandotuttobene e #iostoscasa, ma pure al supermercato e “insieme ce la faremo”, ma c’è sempre chi ce la fa un po’ di più, magari perché non ha perso il lavoro o perché è riuscito a procurarsi delle mascherine decenti.
E pensare che, fino a un mese fa, ci mancava sempre il tempo, che guardavamo sfuggirci tra le mani, senza riuscire a trattenerne neanche un minuto fra le dita. Ora di tempo ne abbiamo tanto: per i figli, per la casa, per i piaceri e per i doveri, per noi stessi, per gli altri, per i sentimenti e per la riflessione.
Tutto questo tempo che abbiamo improvvisamente a disposizione, ci costringe non solo a cucinare bene, senza la scusa della fretta, ma anche a pensare alla nostra vita, a come l’ha sorpresa il decreto ministeriale, a cosa abbiamo trovato a casa quando ci è stato imposto di rimanerci dentro per tutto il giorno.
Sotto la lente di ingrandimento di intere ore passate a riflettere, sono finiti gli errori e i capolavori che finora abbiamo compiuto e ci è venuto spontaneo progettare di evitare i primi e bissare i secondi “quando tutto questo sarà finito”. Sì, ma… quando finirà tutto questo?
Intendo: quando torneremo a indossare le mascherine soltanto per scartavetrare la vernice dai muri? Il giorno in cui avranno trovato il vaccino contro il coronavirus o quello in cui lo avranno iniettato a tutta l’umanità?
Sono fiduciosa: siamo riusciti a camminare sulla Luna, figuriamoci se non torneremo a passeggiare liberamente sulla Terra.
Dobbiamo solo avere pazienza e rispettare i tempi, imparando a sognare ad occhi aperti, ma con i piedi per terra, bilanciando le speranze con le certezze e le illusioni con la realtà dei fatti.
Questa estate non sarà tutto finito, mettiamocelo bene in testa e facciamolo capire ai nostri figli, evitando che si illudano inutilmente.
Però credo, e spero, che avremo una bella stagione calda, in cui non ci saranno più morti per polmonite negli ospedali e riapriranno fabbriche e negozi. Finalmente potremo incontrare parenti e amici, anche se con le dovute precauzioni e torneremo a riveder le stelle, il mare, la montagna e il lago, magari a turno, non tutti insieme, con le mascherine, i guanti e il cuore alleggerito almeno da qualcuna delle mille macabre preoccupazioni odierne.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Neanche una Annie Vivanti, una Clarice Tartufari, una Grazia Deledda, una Vittoria Aganoor, una Enrichetta Carafa Capecelatro.Il dubbio che mi viene, ma non è che Elsa Morante sei tu?
Anzi una Matilde Serao