Quando avevano aperto, avevano portato quel tocco di esotico in Valle Peligna. Mille oggetti a prezzi accessibili per la massa o specialità tipiche dall’Oriente a costi contenuti che una cena ogni tanto te la potevi fare cavalcando l’onda della mondo sushi in formula “all you can eat”.
Per le attività di stampo cinese, però, la situazione è cambiata totalmente nel giro di un paio di mesi, da quando il Coronavirus ha messo in allarme il mondo intero e da qualche settimana anche l’Italia.
E’ così che ad oggi il ristorante Oishi Koi di Pratola Peligna chiude per ristrutturazione fino a data da destinarsi, con un annuncio sulla sua pagina Facebook che a volerla scorrere fa notare come il tema dell’epidemia arrivata dalla Cina sia stata per loro una sostanziosa fonte di preoccupazione. Lo dimostra uno dei post pubblicati un mese fa che recita “I’m not Coronavirus” perché tra le prime reazioni degli italiani c’è stata quella di non frequentare locali di questo tipo. Non ha potuto nulla la medicina nel confermare che sul cibo cinese non ci sono rischi e che i prodotti, logicamente, arrivano tutti dall’Europa. “Dovevamo fare dei lavori da tempo – spiega Liu, il proprietario del ristorante – e visto che la gente è diminuita ne abbiamo approfittato per farli ora”.
E poi Shop China nella zona industriale di Sulmona, chiuso per ferie forzate fino al 15 marzo nella speranza che l’allarme Covid 19 passi in fretta. Anche in questo caso il brusco calo di vendite è stato il motore che ha condotto ad abbassare le saracinesche per un po’ di giorni.
L’auspicio è che l’allarme rientri al più presto; la speranza, invece, è che la paura sia sempre meno la protagonista principale delle vite degli italiani perché di pericoli reali, in questi luoghi “allontanati”, non ce ne sono affatto.
Purtroppo questa è la conseguenza del silenzio criminale del loro governo. Se avessero preso le giuste decisioni al tempo opportuno tutto questo non sarebbe accaduto.