Picchiò il poliziotto che aveva redarguito il figlio. Campellone chiede scusa davanti al giudice

Lo ha fatto, ha spiegato, perché temeva per l’incolumità del figlio, ovvero che quell’uomo, che in realtà era un poliziotto in borghese, potesse picchiarlo. Così Francesco Campellone, trenta anni di Sulmona, si è giustificato davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sulmona, Marco Billi, durante l’interrogatorio di garanzia tenutosi questa mattina.
L’uomo, difeso dall’avvocato Alessandro Scelli, era stato posto agli arresti domiciliari il 7 febbraio scorso a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dallo stesso giudice per i fatti accaduti il 15 dicembre scorso.
Quel giorno Francesco Campellone aveva sferrato un violento pugno in pieno volto al poliziotto in borghese, un quarantacinquenne di Sulmona, per il solo fatto che aveva redarguito il figlio undicenne per aver esploso un petardo in una fioriera di corso Ovidio.
Un colpo violento, sferrato da dietro, che aveva provocato nella vittima la frattura degli zigomi, con la necessità poi di un intervento maxillo-facciale e una prognosi di quaranta giorni.
Campellone, poi, dopo l’intervento di alcuni colleghi del poliziotto che si trovavano, anche loro in borghese, da quelle parti, era fuggito lasciando il figlio undicenne sul posto.
Campellone questa mattina ha chiesto scusa, riconoscendo la dinamica di quanto accaduto e cercando di convincere il giudice a revocare la misura cautelare.
Il Gip si è riservato però la decisione che verrà sciolta probabilmente non prima di martedì prossimo. Per il momento il padre aggressivo resta agli arresti domiciliari.

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