Piano urbanistico: le ombre della città che sale

Nella nuova legge sull’Urbanistica, approvata ieri dal consiglio regionale, c’è anche la mano di Salvatore Di Bacco, Responsabile dell’Area Edilizia e Urbanistica del Comune di Raiano ed esperto del settore. Un atto legislativo atteso da quarant’anni dall’Abruzzo, e al quale Di Bacco ha partecipato in modo attivo, venendo convocato lo scorso febbraio per le audizioni in commissione legislativa e in consiglio regionale, quale componente del comitato scientifico Unitel.

“Dopo un lungo iter oggi siamo arrivati a conclusione con l’approvazione di questa norma che ha portato luci ed ombre con un bagaglio di dubbi e criticità che dovranno essere affrontati immediatamente – ha spiegato Di Bacco -. Io ho cercato di dare un mio contributo su alcuni punti di rilevanza comunale. Sono stato già invitato a partecipare a dei convegni con i rappresentanti degli ordini professionali al fine di illustrare quali saranno le procedure da attivare appena il testo verrà pubblicato sul BURA regionale. Vedrò di organizzare con il nuovo assessore all’Urbanistica un convegno anche a Sulmona, per illustrare gli impatti e l’influenza che avrà questo nuovo modo di pensare la gestione e il governo del territorio soprattutto alla luce della riduzione del consumo del suolo che gradualmente arriverà a saldo zero nel 2050. E tutto ciò impatterà su tutto il territorio regionale in modo radicale ed apporterà un orientamento e modi di pensare e concepire il territorio, l’ambiente, la natura in modo diverso rispetto ai decenni precedenti. Bisogna ‘ripensare’ il territorio è la parola d’ordine”.

E proprio sulla tutela del territorio, ed in particolare le aree agricole, che mira la nuova norma approvata ieri in consiglio dopo una seduta fiume, iniziata alle 11:00 e conclusasi solo alle 19:00. Otto ore di riunione, dibattiti, accuse, sospensioni, in un clima incandescente che hanno portato a far cadere ed escludere tutti gli emendamenti proposti dall’opposizione per ragioni di “urgenza”, mantenendo solo quelli della maggioranza che hanno modificato parzialmente alcuni dei 109 articoli di cui è composta la legge.

“Tra i vari punti critici contenuti nella mia relazione, e segnalati alla Commissione Ambiente e Territorio della Regione, molti sono stati presi in considerazione – sottolinea Di Bacco -. Ad esempio, i tempi tecnici e perentori per l’avvio della revisione e l’aggiornamento e adeguamento di tutta la pianificazione che le Amministrazioni Comunali, ed in particolare gli uffici tecnici, dovranno effettuare (PUC Piano Urbanistico Comunale, Piano commercio, Microzonazione sismica di I, II e III livello, Piano d’emergenza comunale, Piani di verifica demaniale, Piani di assetto per le riserve e i parchi). I termini che originariamente erano stati previsti per la formazione del TU (territorio urbanizzato), propedeutico ed indispensabile per la successiva formazione del Piano Urbanistico Comunale – PUC erano stati fissati in soli 3 mesi, tempi impossibili da attuarsi per le notevoli implicazioni derivanti da un elenco sterminato di censimenti che gli uffici avrebbero dovuto portare a termine pena la paralisi delle attività edilizie delle imprese e dei proprietari di immobili. Ho fatto comprendere che questo termine perentorio fosse portato a 18 mesi al fine di evitare una paralisi delle attività economiche e dell’indotto che ruota intorno all’edilizia. Devo dire che i componenti della commissione si sono resi conto delle difficoltà operative in cui versano la maggior parte dei piccoli Comuni ed hanno accettato termini più estesi utili per tutti gli attori coinvolti nel processo economico-sociale collegato alla redazione del perimetro del TU”.

L’Abruzzo dovrà cambiare il proprio paradigma, o meglio dovrà andare a certificare in modo ancor più netto l’appellativo di “Regione verde d’Europa”. Il riutilizzo del suolo abitativo è alla base della nuova legge, come evidenzia lo stesso Di Bacco: “Entro il 2050 il consumo del suolo dovrà essere pari a 0 – spiega il componente Unitel -. E’ l’Europa che ce lo impone. Sarà graduale, dovrà avvenire in tempi ristetti ai quali le leggi regionali si dovranno adeguare”.

E così, gradualmente, l’Abruzzo urbano muterà la propria fisionomia. In questa fase applicativa, la Regione ha deciso di applicare un percentuale pari al 3% di superficie, all’interno del perimetro del centro abitato, nella quale si potrà continuare a edificare. Nulla vieta che i comuni, in questa fase embrionale, possano aumentare questo 3%, anche al di fuori del perimetro del centro abitato, di un ulteriore 3%. Un passaggio critico, visto che dall’azzeramento, richiesto dall’UE, si è passati alla deroga che spinge verso l’incremento di suolo edificabile.

Ma ai benefici, in termini ambientali e paesaggistici, fanno da contrappeso le criticità che la nuova legge porta con sé.

Anzitutto, il riutilizzo forzato di un patrimonio edilizio esistente che, in Abruzzo, ha un’età media dai 50 ai 100 anni nel più felice dei casi. Insomma, interi quartieri dei centri storici dovranno essere soggetti a interventi dal punto di vista statico e sismico, portando inevitabilmente dei costi.

La aree interne sorridono per la pianificazione del recupero di borghi antichi e dei loro nuclei storici. Ciò che manca nel testo legislativo, però, sono i mezzi e gli strumenti per avviare una reale politica di convergenza verso i piccoli paesi. Insomma, mancano i fondi economici per il recupero del riuso e per una politica di emigrazione verso le aree in via di spopolamento.

La nuova legge si propone anche di dare un taglio alle costruzioni di edifici abitativi in zone agricole. Ciò, sarà permesso solo agli imprenditori agricoli, che dovranno affrontare un impervio percorso burocratico per le proprie aziende. Procedure complesse, a partire dal piano di sviluppo decennale sull’attività agricola, che dovrà passare attraverso un convenzionamento con i Comuni che dovrà essere discusso in consiglio comunale. Agli imprenditori l’onere, inoltre, di anticipare una serie di costi per realizzare interventi di urbanizzazione.

Per i semplici coltivatori hobbisti, dedicati all’autoconsumo familiare, sarà ancora più complesso poter edificare piccoli depositi e rimesse per i propri attrezzi e prodotti agricoli, dato che sarà possibile costruire solo a coloro che possiedono un lotto di almeno 6.000 metri quadri (a fronte dei 3.000 della vecchia legge). E per il piccolo coltivatore avere tale notevole superficie non sarà facile. Il rischio consequenziale è l’abbandono delle campagne per gli imprenditori più deboli, che porterebbero ad una forestazione incontrollata. Da ciò ne scaturirebbero probabili incendi, la mancata manutenzione delle strade campestri e rurali, con campi incolti e abbandonati che daranno il là alla fauna selvatica che non troverà più barriere naturali. La conseguenza sarebbe una disastrosa penetrazione di animali all’interno dei centri abitati.

Ma la vera falla nel sistema è il mancato inserimento nel testo del PTR (Piano Territoriale Regionale), necessario per pianificare la politica del territorio della regione. Il PRT sarebbe dovuto essere una priorità, affinché le quattro province abruzzesi potessero redigere il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, prendendolo come riferimento. Inoltre, la Regione Abruzzo non ha ancora attivato le procedure di avvio per la rimodulazione del Piano Paesistico Regionale, ancora aggiornato a 40 anni fa, utile per dare un impulso di pianificazione e di sviluppo futuro della regione. “Ci si ritroverà così a vedere i Comuni stilare i rispettivi piani urbanistici per poi, una volta che la Regione inserirà il PTR, doverli stravolgere – commenta Di Bacco -. E’ impensabile partire senza il PRT”.

Con la nuova legge i 305 Comuni abruzzesi saranno chiamati a riorganizzare la pianificazione futura del proprio territorio, portandola a termine entro i prossimi quattro anni. Tempi abbastanza congrui, meno i costi. Solo per affidare gli incarichi per la redazione del Piano Urbanistico Comunale (PUC) e di tutti i piani collegati a una nuova filosofia del riuso, un comune di 3.000 abitanti dovrebbe spendere, in media, almeno 100.000 euro. La Regione, di tutta risposta, ha stanziato a bilancio 350.000 euro da destinare a tutti i 305 Comuni d’Abruzzo. In partica 1.000 euro a Comune, non sufficienti neanche per redigere il Piano Acustico (necessario come il Piano Sicurezza e il Piano Sanitario).

Diretti interessati sono, ovviamente, i cittadini in quanto proprietari degli immobili. Addio villette a schiera in zone rurali o periferiche. Dalle città ai paesi si penserà sempre più a un’espansione verticale, e non orizzontale. Situazioni sempre più massive, che porteranno gli abitanti dei grandi centri a vivere tra lo smog e le polveri sottili.

Un problema che potrebbe diventare soluzione per la lotta allo spopolamento delle aree interne.

8 Commenti su "Piano urbanistico: le ombre della città che sale"

  1. L'Avanguardista | 22 Novembre 2023 at 09:12 | Rispondi

    Pensate veramente che con nuove leggi cambierete qualcosa in urbanistica…? Quello che deve cambiare è la mentalità della gente nel consapevole uso e rispetto del territorio.
    Nuove Leggi vuol dire nuove carte e forse troppe, ma rimarranno sempre politi assetati di voti nel far costruire dove si vuole, costruttori assetati di nuovi edifici, fornitori assetati di mettere cemento e mattonelle dappertutto.
    Le nostre grandi città hanno subito per 50 anni speculazioni incontrollate da parte di palazzinari assetati di soldi, eppure le leggi c’erano e le carte pure, la natura è stata contaminata eppure le leggi c’erano.
    Occorre ritornare alla giusta misura del rapporto Natura-Uomo-Costruzioni tipica di quel quattrocento rinascimentale, ma ormai i danni dal 1960 ad oggi sono stati fatti con quel boom edilizio che ha devastato le nostre città con il suo abusivismo incontrollato.
    Le Leggi servono a poco se non c’è una giusta mentalità, sono solo carte.

  2. L'Avanguardista | 22 Novembre 2023 at 09:21 | Rispondi

    Costruire in verticale è la cosa più fuori dalla misura d’uomo che si possa fare soprattutto in zona sismica dove non alzerei più di tre piani. I nostri paesi sono pieni di case vuote nelle aree centrali. Pratola è un esempio dove c’è un immensità di edifici disabitati. L’edificato deve essere rapportato agli abitanti e non agli interessi del mondo edile. Se in un paese ci sono 3.000 famiglie occorrono 3.000 abitazioni e non 20.000, ma questo cozza con il mondo edile.

    • In Giappone quindi sono tutti polli?

      • L'Avanguardista | 22 Novembre 2023 at 11:58 | Rispondi

        Andare in altezza urbanisticamente non significa aumentare il numero di abitanti insediabile in quanto devo lasciare maggiori spazi tra gli edifici e questo crea zone dove ci sono edifici altissimi con enormi spazi circostanti, contrariamente non passerà un filo di sole. Inoltre nei palazzi alti aumentano esponenzialmente i problemi sia strutturali, sia di evacuazione, che antincendio. poi l’abruzzo è fatto di piccoli centri che vanno rispettati.

  3. Fine ville segui terreni agricoli usando la cubatura di ruderi ??? Una legge che era nata per riqualificare ed invece ne ha approfittato solo chi si è accaparrato quasi tutti i rideri della zona .
    Il problema dell’Italia non sono le leggi (come il 110) ma sono i furbi ….o che si crede furbo visto che poi li beccano dopo un po’ di tempo .

  4. Celestino V da Cogesa | 22 Novembre 2023 at 14:42 | Rispondi

    Si, ok..tutto bello bellissimo..la SNAM e Centrale di spinta in tutto ciò?

  5. È TUTTO FUMO ED È LA SOLITA PRESA PER I FONDELLI!
    Parlare di “consumo del suolo che gradualmente arriverà a saldo zero nel 2050” in aree fortemente depresse, soggette a forte spopolamento in cui le attività produttive languono e c’è tanto abbandono di aree commerciali, industriali, abitative ecc. È UN INGANNO!
    In un contesto come questo, che senso ha parlare di limite del 3% (peraltro derogabile)?
    Se è vero che “Nulla vieta che i comuni, in questa fase embrionale, possano aumentare questo 3%, anche al di fuori del perimetro del centro abitato, di un ulteriore 3%, si è deciso di fare la legge e trovare l’inganno, con l’inganno persino sancito per legge!
    Una seria politica, regionale e comunale, dovrebbe mirare al “CONSUMO ZERO” già da adesso – Annus Domini 2023 – e non al 2050 quando già sarà tutto devastato o desertificato.
    Anzi di più: sarebbe il caso di passare, fin da subito, al SALDO NEGATIVO che significa ridare alla terra quelle aree degradate e inutilizzate che furono cementificate nei decenni scorsi.
    La politica dovrebbe avere una prospettiva di lungo periodo; e invece, al solito, o è assente o è serva degli interessi contingenti di qualcuno.

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