“Non agenti ma schiavi”, così il segretario regionale SAPPE, Sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria Giuseppe Ninu definisce gli agenti in servizio presso gli istituti di pena abruzzesi “navi alla deriva con il rischio della sicurezza non solo interna”. Per loro, donne e uomini della polizia penitenziaria, costretti a sopportare condizioni di lavoro inaccettabili, la sigla sindacale torna a chiedere “un’azione efficace e profonda” che in ossequio al dettato costituzionale, garantisca dignità tanto ai detenuti quanto a chi nel carcere ci lavora, purtroppo “con altissimi e non più sostenibili sacrifici”.
Sul piano professionale e personale perché con “turni di servizio di 8 -1 2 ore consecutive, a volte anche 16 ore, ferie non godute, lavoro straordinario non retribuito e pasti non fruiti durante determinati servizi” è impossibile pianificare impegni familiari e personali, senza parlare di quella serenità lavorativa “assente a causa delle molteplici aggressioni”. “Spesso non punite” aggiunge il segretario generale Ninu che chiama in causa le istituzioni ree di non garantire i diritti degli agenti in forza alla polizia penitenziaria. In primis i vertici nazionali ovvero quel Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria i cui dipendenti “vivono un altro mondo improntato quasi esclusivamente sulla burocrazia”. Tanto da non rendersi conto delle conseguenze di una proposta come quella avanzata dal capo DAP di innalzare di due anni il limite di età pensionabile dei poliziotti su base volontaria.
Non solo i vertici ma anche il Provveditore regionale Lazio – Abruzzo – Molise sarebbe responsabile o, come scrive Giuseppe Ninu, “emblema di questo disastro”, colpevole di non aver agito quando necessario, in particolare “in occasione di una importante riunione sugli organici da ripartire nelle regioni di competenza”. Riunione alla quale il Provveditore era assente arrivando poi a “peggiorare la situazione” con la proposta di ridurre le unità da destinare all’Abruzzo da 107 a 101, sulle 321 assegnate al DAP delle tre regioni. Un uomo delle istituzioni al quale la sigla sindacale rimprovera la mancata convocazione delle OO.SS per discutere il nuovo protocollo d’intesa dopo la firma del nuovo accordo quadro e di aver “ignorato il solenne impegno di esaminare ogni singolo istituto” preferendo convocare le rappresentanze sindacali per discutere sulla riorganizzazione del Provveditorato. Una discussione alla quale il SAPPE non parteciperà “fino a quando – promette Ninu- il Provveditore non rispetterà i tanti, troppi impegni mai onorati”.
Non risparmia nemmeno i politici il comunicato sindacale, uomini e donne “che si sono visti solo nel periodo pre-elettorale” per denunciare “davanti alle telecamere le falle del sistema” richiamando valori e principi della nostra Costituzione. Per il resto, nulla. Nessuna determinazione da parte del Governo se non qualche provvedimento tampone come l’invio di personale di polizia penitenziaria in Albania, in un carcere con 20 reclusi, precisa Ninu scettico sul futuro degli agenti di stanza nell’istituto albanese.
Un sistema quello penitenziario che “non suscita attenzione, al contrario ingenera fastidio” secondo il segretario generale che ringrazia gli agenti, “autentici e silenti angeli custodi” la cui umanità e professionalità consente di svolgere un servizio “particolarmente delicato”. Donne e uomini della polizia penitenziaria per i quali il SAPPE pretende “strutture moderne ed efficienti in grado di ridurre il sovraffollamento dei detenuti, in particolare quelli affetti da gravi patologie e costretti ad espiare la pena da reclusi, invece di essere ricoverati nelle sedi preposte”. Da qualcuno individuate nelle REMS, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, quelle stesse definite dal segretario generale Giuseppe Ninu “un altro grande fallimento”.
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