Pedala!

Il 2020, fra le altre cose, mi porta la concretezza di quanto sia grande mio figlio. Venti anni. Sono mamma da vent’anni.
Probabilmente è normale, con lo scorrere del tempo, rifugiarsi in certi flashback piacevoli, del periodo in cui i figli erano piccini e teneri, profumavano di borotalco e stavano sempre accanto a noi.
I sorrisi con pochi denti, i baci pieni di saliva, i pianti inondati di lacrime, le braccia al cielo per essere presi in braccio sempre e per sempre, come se fosse impossibile per loro diventare un giorno troppo pesanti o per noi sentirci troppo stanchi. Su in braccio, “o-issa!”, poggiati sopra il cuore di mamma e papà a vedere le cose dall’alto.
Cosa non darei per tornare almeno un’ora al giorno in quel periodo, magari durante il cambio del pannolino, per fare le pernacchie sul pancino, mangiare le coscette cicciotte, beccarmi una bella tirata di capelli, poi un rigurgito di pappa e via, verso nuove avventure, alla scoperta del mondo.
Le restanti ventitré ore del giorno, però, le vorrei passare tutte in questo presente così avvincente, in cui non so mai cosa mi aspetta dietro l’angolo, fuori dalla porta e dentro la casella email. Perché, alla fine, gran parte della bellezza dei ricordi sta proprio nel sapere come vanno a finire, dandoci l’opportunità di scegliere quello giusto da rivivere, nei momenti in cui il presente ha bisogno di essere compattato dal passato che lo ha originato.
Non sono mai stata una mamma particolarmente nostalgica e neanche fisicamente molto affettuosa. Ho sempre guardato i miei figli un po’ da lontano, sbirciando i progressi della loro autonomia, forse perché odio ogni mia paura e volevo essere certa di non averle trasmesse loro. Ho gioito per ogni traguardo raggiunto, concentrandomi immediatamente su quello successivo.
È stata una corsa meravigliosa.
Ed ora eccomi qua, affatto stanca, a godermi i risultati, stupendomi di quanto, in fondo, sia stato semplice anche quello che sul momento pareva immane.
Come sembrano lontani gli anni in cui ce ne andavamo per la città, tutti e tre sulla mia bicicletta, con la somma dei loro pesi che superava di gran lunga il mio, ma a me non importava. Schiena dritta e pedalare. Io e la mia “tricicletta” eravamo forti abbastanza.


Quante volte ho perso la pazienza! Quante volte ho urlato, pianto e sbattuto oggetti. Avevo tanta paura, ma alla fine siamo cresciuti e ora eccoci qua, ciascuno sulla propria bicicletta, a raccontarci ogni sera la strada che individualmente abbiamo percorso durante il giorno.
C’è voluto tanto coraggio per farli salire sulle loro piccole bici e togliere le rotelline, decidendo di non sorreggerli più, per farli andare da soli. Loro sono stati bravissimi, ma di più io, che nonostante avrei preferito portarli con me per sempre, ho avuto la forza di togliere la mano dal sellino per farli andare, con il rischio sì di cadere, ma anche di essere liberi, indipendenti e felici.
Da soli, con l’opportunità di scegliere la strada da percorrere e il momento giusto per svoltare, per rallentare, per fermarsi a riposare, cadendo qualche volta per rialzarsi un po’ più forti.
Sembrano passati secoli dai tempi della tricicletta. I miei figli probabilmente li dimenticheranno, come hanno già scordato che li ho allattati, cullati, imboccati, lavati, vestiti e tenuti per mano. Hanno sicuramente già dimenticato di quel tempo in cui hanno avuto bisogno di me come se fossi aria da respirare.
Io no. Non ho dimenticato niente. Anche ora che si sono trasformati in uno splendido uomo e in una meravigliosa donnina, in un angolo molto ampio del mio cuore saranno sempre quei due fagottini di pochi chili, che, a distanza di quattro anni l’uno dall’altro, ho accolto tra le mie braccia tremanti per l’emozione e ho giurato che avrei protetto, da quel giorno, per sempre.

Quando mi presento, in questa parte della mia vita, dico sempre che sembro una, ma in realtà sono trina.
Do l’idea di essere una persona allegra e felice, ma riesco a esserlo solo se i miei figli mi trasmettono allegria e felicità. Quando uno dei due attraversa un momento difficile, i miei sorrisi si riducono di un terzo e a un occhio poco attento potrei apparire lunatica: cambio umore, mi assento e cerco angoli tranquilli per pensare.
In quei momenti vorrei stare sulla tricicletta a risolvere i problemi come una volta, con un semplice sforzo fisico, che gravi unicamente sui miei muscoli, mentre Davide sul seggiolino posteriore e Lisa su quello anteriore si godono il panorama canticchiando una canzone. Io in mezzo a pedalare, una, ma trina, sapendo esattamente “per dove dobbiamo andare, per andare dove dobbiamo andare”.

gRaffa

Raffaella Di Girolamo

6 Commenti su "Pedala!"

  1. ❤️

  2. Siete bellissimi! I tuoi ricordi sono anche i miei. Sei ancora riuscita a commuovermi

  3. Tutto molto bello, tutto uguale ai ricordi di atre milioni di mamme… ma gli album di famiglia risparmiateceli.

  4. patrizia.paolilli | 26 Febbraio 2020 at 17:48 | Rispondi

    Bellissimo pezzo. Complimenti per quello che scrivi e fai rivivere anche a noi lettori momenti indimenticabili ormai passati. Continua con coraggio a guidare quella tricicletta. E i tuoi figli ti apprezzeranno sempre. Ti auguro tanta felicità.

  5. antonio di girolamo | 26 Febbraio 2020 at 20:06 | Rispondi

    Raffaella, sei riuscita ad intenerire il mio cuore.
    papà

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