Il Dl Rilancio è una grande opportunità per l’edilizia: sgravi fiscali al 110%, ripristino dello sconto in fattura, possibilità di cedere il credito di imposta ad istituti di credito o altri intermediari finanziari. Si riattiva così un sistema produttivo che da sempre è stato il motore principale dell’Italia. Sisma ed Eco Bonus avranno un impulso notevole fin quando queste misure resteranno in vigore. D’altronde è un importante investimento che lo Stato fa sul proprio patrimonio edilizio. Da un lato c’è l’efficientamento energetico con l’obiettivo di ridurre le emissioni come previsto dai vari protocolli internazionali; un indirizzo che, se ben eseguito, ripaga anche i singoli cittadini con piccoli risparmi sui consumi. Dall’altro lato la prevenzione sismica investe sul consolidamento dei fabbricati per abbattere i costi di ricostruzione post-sisma, costi notevolmente più alti da un punto di vista non solo edilizio, ma soprattutto umano. Il Sisma Bonus ricade dunque indistintamente sull’intero territorio nazionale (Zone sismiche 1-2-3) e, quindi, anche sulle aree terremotate in cui la macchina della ricostruzione fatica ad avviarsi, Sisma 2016, o è ben rodata, Sisma 2009. Si ha dunque la sovrapposizione di due distinte linee di finanziamento, entrambe a fondo perduto, della quale bisogna anche prevedere gli effetti del loro allineamento.
Gli aggregati del sisma che già si sono consorziati potranno solo giovare da un simile scenario. Il consorzio è una figura amministrativa indipendente con una rappresentanza diretta dei diritti reali sugli immobili. Ha tutto l’interesse, ma soprattutto la potestà, di orientarsi sull’una o sull’altra linea di finanziamento, anche cambiando in corsa. Le amministrazioni dovrebbero spingere affinché questi seguano le direttive del Sisma Bonus che velocizzerebbero le procedure, specie nel caso in cui i progetti sono stati già redatti e sono in lista di attesa per l’ammissione a contributo. In questo modo verrebbe anche alleggerito il carico degli uffici preposti che potrebbero invece concentrarsi su quegli aggregati che, per inerzia dei proprietari, sono stati invece commissariati dai comuni. I commissari ad acta non possono aderire al Sisma Bonus in quanto per loro stessa natura devono perseguire la ricostruzione secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento. Questo è di per sé un sistema lento perché spesso drogato di clientelarismo per la fortuna dei tecnici più navigati. Già prima si faceva incetta di incarichi da espletare successivamente, in tempi di magra, dando precedenza ad altri lavori su cui si hanno maggiori pressioni da parte della committenza. Tale pratica rischia di aggravarsi ora che nuove occasioni di lavoro cadranno a pioggia, occasioni in cui, e non è un aspetto di poco conto, è più facile incassare il proprio compenso. Non è un caso che la ricostruzione si trovi più indietro in quei piccoli borghi in cui l’abbandono ha costretto i sindaci a sostituirsi ai proprietari. Nonostante tutto, però, quella del commissariamento non è un una soluzione da scartare, ma necessita di essere ben vigilata dagli amministratori.
Per quanto riguarda tutto il patrimonio rimasto fuori dalla ricostruzione, invece, questo scenario è certamente un’occasione; specie nei comuni che, come Sulmona, sono comuni fuori cratere, in cui la pianificazione post-sisma è stata attuata a macchia di leopardo. È dunque l’occasione per riattare tutti quegli immobili che cadono a pezzi, cornicione dopo cornicione. È impossibile valorizzare il centro storico se poi la maggior parte degli edifici versa in condizione di degrado, specie su Corso Ovidio. Se prima qualcuno auspicava la sospensione della Tosap per l’istallazione dei ponteggi, ora questa può essere un ristoro per l’amministrazione che invece deve garantirla alle attività commerciali. Ad ogni modo la questione non era e non sarà, ancor di più ora, legata ad un aspetto economico, ma al reperimento dei proprietari. Spesso 50 mq appartengono a dieci persone differenti sparse in ogni continente oppure gli aggregati sono troppo grandi da mettere tutti intorno ad un tavolo. Dunque bisognerebbe adottare strumenti urbanistici adeguati a superare le inerzie dei diretti interessati. I Piani di Recupero calzano alla perfezione in questo contesto, sono gli unici in grado di imitare il modello della ricostruzione Sisma 2009 attuando dei condomini forzosi, simili a dei commissariamenti. In questo differente quadro normativo c’è un importante contrappeso: il tempo. Le misure non saranno estese ad un periodo illimitato; questo vale per le imprese, i professionisti, i commissari, ma soprattutto per le amministrazioni.
Valerio Vitucci
Questo articolo fa parte di una serie di contributi che Il Germe, con la collaborazione dell’architetto Valerio Vitucci, sta dando da settimane al dibattito sul recupero e la valorizzazione in particolare dei centri storici. Gli altri temi trattati sono i seguenti:
Torneremo a riempire le nostre piazze
Fase due, un’idea nel silenzio
Pedonalizzazione, se non ora quando
La viabilità possibile: un’isola in corso Ovidio
Ma i comuni già in condizione di carenza di personale degli uffici tecnici saranno in grado di reggere l urto di tutte le pratiche edilizie che verranno presentate soprattutto alla luce della recente legge regionale sui depositi sismici? Io penso proprio di no. Quindi non si riuscirà velocemente ad aprire i cantieri in tempo utile per ottenere tutti i crediti disponibili.