Il tempo passa e l’ospedale di Sulmona resta una scatola vuota. Che a sentire il manager Rinaldo Tordera sarà tra dieci giorni anche una scatola nuova, anche se, per dirla tutta, è alquanto improbabile che i lavori vengano riconsegnati a fine mese come annunciato prima di Pasqua e ancor meno probabile che il taglio del nastro sia fatto a settembre.
Non c’è da stupirsi, d’altronde, in quanto a promesse non mantenute in fatto di sanità: il primario di Rianimazione, ad esempio, non è stato ancora nominato, nonostante il concorso espletato a febbraio. Il Piano aziendale, a differenza di quanto annunciato, non è stato ancora approvato dalla Regione e quella nomina, insomma, non si può fare, fermo restando che potrebbe essere oggetto di tanto di ricorso, perché la posizione è stata aperta senza che esista ancora.
Ma le urgenze sono altre al Santissima Annunziata e restano tali da tempo. Una di queste, tra le più gravi, è quella che sta vivendo il Pronto soccorso dove la carenza di personale sta sfinendo medici e infermieri in servizio e prospetta per l’inizio dell’estate un’altra pericolosa paralisi che probabilmente dovrà far dimenticare ferie e riposi.
Attualmente i medici in servizio sono sette sui dodici di pianta organica e gli infermieri quattordici su ventidue, di cui due rinnovati tramite agenzia interinale di quindici giorni in quindici giorni.
L’avviso fatto qualche settimana fa per reperire nuovi medici è andato tristemente deserto: in cinque, in verità, avevano risposto, ma poi al momento del dunque nessuno si è presentato al colloquio.
L’ospedale di Sulmona non è una sede appetibile, non è un posto ricercato: sarà per la sua non certo eccellente fama e ancor più per il fatto che i contratti proposti sono sempre a sei mesi.
Qualcuno ha proposto all’azienda di ampliare la platea dei candidati, prevedendo come requisito necessario non esclusivamente la specializzazione, ma anche l’aver frequentato i corsi del 118, come d’altronde avviene in altri ospedali del Nord Italia.
Ma dalla direzione nessuna risposta.
Non resta che attendere che la nuova struttura venga inaugurata: chissà che la sede antisismica e gli ambienti nuovi, non invoglino qualche camice bianco a spostare se non la residenza, almeno il domicilio.
Non si capisce a chi venne la brillante idea di creare posti di lavoro,specie negli ospedali, a tempo determinato. Si pensava fosse una disposizione transitoria, invece è diventata definitiva. Fai 6 oppure 12 mesi e poi lasci il posto vacante, magari in attesa di un concorso che mai arriva. E’ proprio la mancanza di concorsi che ha dato origine alla decadenza degli ospedali di Popoli e Sulmona. Pensate che una volta i pretendenti al primariato erano professori universitari, che impossibilitati a fare carriera,restando nella posizione di assistenti (sebbene ordinari), di direttori di cattedra, preferivano dirigere un reparto d’ospedale. Pensate al prof.Spigliati, che era assistente ordinario presso la clinica medica di Firenze, con il grande Lunedei. Piantò tutto e venne a Sulmona a dirigere il reparto medicina, con tutto il suo poderoso bagaglio culturale. Forse non passa la scienza nelle università,dove si fa studio e ricerca? E dove non c’erano prf.universitari, c’erano medici che avevano raggiunta la Libera Docenza, meta ambita che richiedeva un gravoso impegno, come per esempio il prof.Pomidori a Popoli, insigne chirurgo. E poi? Poi è arrivato il tanto atteso progresso, università ovunque che hanno drenato il meglio,finché è esistito, privandone gli ospedali,specie quelli di periferia, di provincia, come Sulmona e Popoli. Che ora hanno equipe raccogliticce, gente che si è formata sul posto o peggio sul territorio, senza una scuola di prestigio. A dirigere i reparti sono medici nati sul posto, con nati mi riferisco al reparto, senza avere avuto un maestro degno di questo nome. Ed ecco i due ospedali della valle peligna, ridotti al lumicino. E non solo nel personale ,ma anche nei mezzi. Ridotti a curare solo cronici con frequenti ricadute, mentre i casi acuti e complicati prendono altre strade,spesso “spediti” dai nostri stessi ospedali. E mentre i nostri ospedali continuano a cedere il passo, come se fosse una cosa normale, salvo qualche velata protesta dei soliti volenterosi, a nessuno sembra importare del loro destino che li conduce alla disfatta. Io non so, ma voi vi fareste curare in ambienti simili? E’ una domanda .Io non conosco la risposta,chiedo lumi dagli altri che hanno sperimentato la cosa. Io non ancora, per mia somma fortuna.