Duemilaventi. Che numero importante.
Ricordo quando film, libri e previsioni illuminate parlavano degli anni duemila, che allora sembravano tanto lontani, come tempi in cui avremmo abitato altri pianeti, ci saremmo spostati in città su auto volanti e avremmo smesso di cucinare, nutrendoci di pillole.
Non è successo niente di tutto questo: il ventunesimo secolo ha portato tanti progressi tecnologici, ma, almeno durante queste prime due decadi, abbiamo continuato ad abitare e inquinare esclusivamente il pianeta Terra, sbraitando nel traffico e lambiccandoci il cervello ogni giorno, pensando a cosa cucinare per cena.
Riflettendo sugli elementi caratteristici degli ultimi venti anni, la prima parola che viene in mente è “Internet”: mezzo di comunicazione e conoscenza, che ha annullato le distanze spazio-temporali e ha raccolto il sapere umano, rendendolo alla portata di tutti. Tutti possono leggere e scrivere nel web. Tutti possono leggere di tutto e scrivere di tutto nel web.
Grazie a internet sono stati risolti tanti problemi di comunicazione, eppure proprio alcune di queste soluzioni ci hanno fatto smettere di comunicare. Oggi non dobbiamo più cercare una cabina telefonica in strada per dire a una persona lontana che gli vogliamo bene: ci basta inviare un cuore disegnato e vattelappesca se è sincero o meno. Manca la garanzia che davano un tempo quegli infiniti secondi di trepidazione, quel ridicolo tremolio della voce, quel fiato tirato per prendere il coraggio necessario a esprimere un sentimento vero.
La vita è diventata più facile, ma proprio certe semplificazioni fanno sì che, in realtà, tutto sia più complicato. Di questi tempi è difficile, una volta spenta ogni connessione, rimanere in linea con se stessi. Abituati come siamo a leggere, cercare, guardare, sentire e inviare, non riusciamo più a godere del silenzio necessario per ascoltare e parlare. Inviamo cuori e chi s’è visto s’è visto. Cuori innaturalmente rossi, omettendo certe sfumature tanto belle, che sarebbe troppo faticoso analizzare.
Siamo nel 2020: non ci nutriamo di pillole (non solo di quelle, almeno) e amiamo ancora arrotolare gli spaghetti con la forchetta. Non possediamo auto volanti, corriamo sui tapis roulant in palestra, ma in città ci muoviamo solo seduti su un veicolo inquinante. L’umanità, intesa come insieme di uomini, ha compiuto progressi strepitosi in campo scientifico e tecnologico: è stata trovata la cura per molte malattie, considerate mortali fino a qualche anno fa; siamo riusciti a fotografare un buco nero nello spazio e, con un clic, possiamo sapere cosa stanno facendo in questo momento i nostri amici dall’altra parte del mondo. In alcuni campi, invece, ci siamo decisamente involuti e chissà se mai ritornerà l’antico splendore.
L’umanità, intesa come solidarietà reciproca, empatia e indulgenza verso il prossimo, sta scomparendo. Comunichiamo più facilmente, ma senza dirci niente, capiamo tutto, ma non comprendiamo nessuno: il vicino di casa, il collega, il concittadino, lo straniero, il diverso da noi e spesso anche noi stessi.
Ma io ho bisogno di essere positiva e sono convinta che questa sarà la decade giusta per correggere la rotta, senza rinnegare niente: semplicemente aggiustando gli equilibri. D’altra parte lo sanno tutti che per orzare le vele, bisogna prima cazzarle e, per poggiarle, bisogna anche lascarle. Come quando, in autostrada, per giungere a Sulmona seguiamo il cartello che indica Roma: la direzione è giusta, ma la nostra metà è un’altra.
Duemila e venti. Che numero importante. Proprio come i duemila eventi che ci sono voluti per arrivare fin qui. Proprio come i duemila venti che dovranno gonfiare le vele, per toglierci da questa situazione di stallo. E per duemilaventi volte dovremo provarci, prima di affermare che sia impossibile riuscirci.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Commenta per primo! "Odissea nello spazio web"