Il dibattito che si è aperto in Abruzzo sui dati Istat, sulla crescita o meno degli occupati, è di quelli che si ripetono ad ogni trimestre. Perché è vero che i numeri quelli sono, ma altrettanto vero è che il loro valore in positivo o in negativo, dipende molto da come e da chi li legge.
A fare un po’ di chiarezza è Aldo Ronci, studioso sulmonese sempre attento ai grafici del mondo del lavoro e delle imprese.
L’Abruzzo, dice l’stat, ha registrato nel secondo trimestre del 2017 485mila occupati, un dato che se comparato allo stesso periodo dello scorso anno fa registrare un calo di 11mila unità (496mila nel secondo trimestre del 2016), ma se confrontato con il primo trimestre del 2017 (464mila occupati), porta la borsa in positivo di 21mila unità.
Insomma non ha torto l’assessore Paolucci, ma non hanno torto neanche quelli che dicono che l’occupazione è tutt’altro che in crescita.
“Non bisogna farsi troppe illusioni – spiega Ronci – in quanto l’incremento di 21mila unità non fa che compensare l’altrettanto notevole decremento di 18 mila unità registrato nel primo trimestre 2017, il peggiore degli ultimi dieci anni”.
Facendo un raffronto con il periodo prima della grande crisi, il 2008, per intendersi, si raggiunge nel dato medio annuo ben 26mila unità lavorative in meno. La crisi, in altri termini, non è alle spalle, specie in Abruzzo, e quei segni più sono solo l’effetto del passaggio da una situazione drammatica registrata nel primo trimestre 2017 (-3,7% rispetto alla media nazionale) ad un risultato tra i tre migliori del Paese nel secondo trimestre (+4,5%).
In particolare nuovi posti sono arrivati nel lavoro dipendente (+27mila) che con un balzo dell’8,1% stacca di molto la media nazionale (+2,4%) posizionando l’Abruzzo al secondo posto in Italia. Mentre il lavoro autonomo decresce di 6mila unità pari al -5%, tanto rispetto al -1% della media nazionale.
L’incremento dell’occupazione, sempre riferito al secondo trimestre 2017, si registra soprattutto nell’industria (+24mila), nelle costruzioni (+6mila) e nei servizi (+3mila) e agricoltura (+2mila), mentre subisce una pesante flessione nel commercio e nelle attività ricettive (-14mila). E’ il segno, probabilmente, che l’Abruzzo del turismo non tira quanto dovrebbe e quanto potrebbe. Chissà anche a causa dei disastri (dai terremoti, alle valanghe) che hanno colpito la nostra regione nell’ultimo anno.
In valori assoluti, comunque, l’Abruzzo resta un gradino sotto la media italiana: il tasso di occupazione si ferma al 56,1%, rispetto a quello nazionale che è del 58,1%; mentre quello di disoccupazione, nonostante l’ultimo rush del trimestre, si attesta ancora sulla’11,6%, rispetto al 10,9% della media italiana; così come il tasso di inattività che in Abruzzo è del 36,4% e in Italia del 34,6%.
Ultima nota, per capire di cosa si parla: per occupati, secondo l’Istat, si intendono persone sopra ai 15 anni di età che hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che prevede un corrispettivo monetario o in natura; hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente; sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie, malattia o Cassa integrazione) per non più di tre mesi e con una retribuzione di almeno il 50%.
Insomma andrebbe indagata anche la natura e la durata delle prestazioni lavorative per capire se davvero l’Abruzzo è in crescita.
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