Morte Kourouma, rinviato a giudizio il datore di lavoro del pastore

È stato rinviato a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, Massimo Di Girolamo. L’imprenditore frusinate ma residente a Sulmona è imputato per la morte del pastore ventitreenne Ousmana Kourouma. Il giovane, originario della Guinea, perse la vita nel 2019, all’interno di un’azienda agricola di Goriano Sicoli.

Un’intossicazione da monossido di carbonio stroncò il pastore. Questo quanto stabilito dal medico legale, Luigi Miccolis, dopo l’autopsia sulla salma. Una fine indegna, causata da un braciere acceso all’interno di quella angusta stanza nella quale cercò riparo dal freddo.

Una fine sulla quale la procura della repubblica di Sulmona ha voluto far luce. Il giovane non aveva una casa dove alloggiare, se non quello stanzino rimediato che si è trasformato nella sua tomba.

La procura contesta a Di Girolamo di aver procurato la morte del giovane. La sua colpa, leggendo gli atti, sarebbe il “non aver garantito al giovane immigrato tutte le tutele di sussistenza richieste”. Cade, invece, l’ipotesi del caporalato.

La struttura, come ha spiegato lo stesso imprenditore, “era regolarmente assicurata ed i luoghi di lavoro erano organizzati nel rispetto delle norme vigenti in materia di sicurezza”. Inoltre, le stanze in azienda sarebberl “dotate di ogni utenza, quindi di impianto idrico e termico elettrico, di bagno e di cucina a gas”. Ciò su cui la difesa fa perno riguarda il contratto di lavoro, che non prevedeva l’obbligo del datore di fornire alloggio al giovane pastore.

Terminate le indagini, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, accolto questo pomeriggio da Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco. Il 2 ottobre la prima udienza.

2 Commenti su "Morte Kourouma, rinviato a giudizio il datore di lavoro del pastore"

  1. Un modo per lavarsene le mani da parte delle istituzioni.Le responsabilità invece ricadono massimamente sugli organi governativi,per la semplice ragione che di questi casi di africani appena giunti che accendono fuochi o bracieri per il freddo all’interno di stanze chiuse ne sono successi diversi in Italia ed in Europa con diversi morti anche di intere famiglie. Questo perché si sono portati insieme l’abitudine di accendere i fuochi dentro le capanne che sono comunque areate e, specialmente i pastori.. Perciò sul monossido di carbonio tutti gli africani,ne avrebbero dovuto ricevere giusta istruzione con propagande e pubblicità mirate da parte delle istituzioni, perché sono completamente ignari della sua esistenza e dei suoi pericoli, proprio perché nel caldo africano i fuochi si accendono sempre in luoghi aperti per cucinare o per fare il formaggio.. Perciò la preparazione professionale di queste persone avrebbe dovuto essere compito delle strutture sociali che li dovrebbero tutelare e non certamente di un datore di lavoro anche lui piccolo proprietario di non molti animali con propri limiti
    e non certamente un grande possidente. Perché poi il denaro stanziato per queste attività è sparito tra Soumaoro, le cooperative, Bucci, Carminati, e le altre storie che abbiamo ascoltato e che ancora continuano.

  2. Le cooperative rosse invece e di rubare i i soldi potevano benissimo fare dei corsi o istruire i migranti sui vari pericoli vedasi monossido di carbonio

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