Parla di una sottocultura pericolosa il presidente del Parco Nazionale della Maiella, Lucio Zazzara, commentando l’uccisione dell’orsa Amarena. Un gesto sconsiderato per varie ragioni: scientifico, sociale ed economico, come sottolinea Zazzara che manifesta la propria preoccupazione per “l’approccio violento alle problematiche, che pure sussistono, nel rapporto uomo-natura”. Un approccio sconsiderato in una regione che conta il 30% del proprio territorio come area protetta a causa della natura esuberante che la caratterizza.
Zazzara ha rimarcato gli interventi che i Parchi hanno messo in campo per la difesa e la tutela del capitale floreale e faunistico abruzzese. Una risorsa importante, capace più che mai di restituire valore agli abitanti, per usare le parole del presidente del Parco.
“Una situazione – commenta Zazzara – in cui sempre più chiaramente si è rivelata la possibilità di una pacifica convivenza tra le esigenze dell’insediamento antropico e, anzi, la necessità di elaborare una nuova visione di un territorio in cui tutto è unito e compatibile; uno spazio in cui convivono le attività umane da sempre considerate “invasive” come le città, le infrastrutture, i sistemi produttivi- con le più incredibili e felici espressioni della natura, anche selvaggia. Abbiamo scoperto, soprattutto negli ultimi anni, che tutto questo rappresenta oltre che una condizione privilegiata di vita un vero e proprio motore economico; una forza capace di sviluppare nuove economie legate ad attività di turismo sostenibile.
Abbiamo goduto di una crescente capacità attrattiva dei nostri territori ed abbiamo compreso che la nostra capacità di lavorare per essere sempre più integrati con la nostra natura ed i nostri successi nella promozione dei nostri beni (storici, tradizionali, artistici, religiosi, enogastronomici, ecc.) poteva salvarci dall’abbandono e dalla perdita irrimediabile del patrimonio stesso”.
“Abbiamo preso definitivamente coscienza che l’orsa Amarena – prosegue -, insieme a tutta la biodiversità di cui faceva parte (fatta di un’intera complessità, comprendente piante, animali, società umana, pietra e vitalità diffusa) rappresentava il simbolo di una realtà nuova; di un mondo possibile in cui si può guardare con speranza al futuro nostro e dei nostri figli e nipoti. Abbiamo fatto di tutto per custodire questa grande risorsa; soprattutto i Parchi che oggi hanno come principale impegno quello di ridurre al minimo le conflittualità che una simile situazione inevitabilmente produce; di correre ed essere disponibili per sostenere le esigenze di chi non riesce ancora a gestire del tutto il rapporto tra i propri interessi -pur minimi- e quelli di programmi di tutela più generali. In questo faticoso lavoro quotidiano abbiamo stabilito patti di condivisione e collaborazione con categorie oggettivamente esposte -come agricoltori, apicultori, piccoli allevatori e pastori-; una serie crescente di successi che si sono tradotti nel recupero di antiche attività come nello sviluppo di nuove, nella crescita di un nuovo sistema ricettivo come nella scelta (per un numero crescente di persone) di eleggere i nostri territori per abitarci e lavorare.
Tutto questo è avvenuto senza mai prendere scorciatoie -né da parte di chi si occupa di tutela, né da parte di chi vive sul territorio-; senza mai invocare l’esigenza di azioni sbrigative ma coltivando lo studio, la conoscenza e la comunicazione”.
“Spingendo avanti la consapevolezza culturale del senso delle nostre scelte e delle possibilità che ne possono derivare – conclude Zazzara -. Nessuno può decidere di far prevalere la propria incapacità di convivenza con tutto questo imbracciando un fucile e dando sfogo ai propri demoni. Uccidere l’orsa Amarena ha prodotto enormi danni al sistema perché ha interrotto un importante passaggio della biodiversità abruzzese, ha distrutto un importante risultato delle politiche di tutela di una specie a rischio di estinzione, ha privato la Comunità regionale di un pezzo di paesaggio attrattivo e produttivo, ha prodotto un danno al futuro di tutti noi”.
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