Tra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche, su 28 località attraversate dal progetto di metanodotto, 14 sono classificate in zona sismica 1 e 14 in zona sismica 2, dunque il rischio sismico nel progetto del metanodotto Snam, nonché della centrale di compressione di Sulmona, è stato fortemente sottovalutato. “Eppure il prossimo 26 ottobre è convocata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri l’ennesima riunione per convincere le varie amministrazioni pubbliche”.
I Comitati cittadini per l’Ambiente rilanciano così la richiesta del Gruppo D’Intervento Giuridico onlus, Mountain Wilderness – Umbria, Comitato Interregionale No Tubo e WWF – Umbria che qualche giorno fa hanno reso pubblica una relazione tecnica, una perizia curata dal geologo Francesco Aucone: “Note critiche allo Studio d’Impatto Ambientale redatto da Snam Progetti ed inerente al Metanodotto Foligno-Sestino (uno dei cinque tronconi del “Rete Adriatica”) (SPC. LA-E-83015)’ sezione III – Caratterizzazione della sismicità”, chiedendo una nuova valutazione. La relazione, inviata un po’ a tutti quelli che “contano” (Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni, il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, il Ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini, il Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, il Presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, il Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, il Presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso) ha tirato fuori un bel po’ di difettucci.
Secondo quanto analizzato da Aucone, nello studio di impatto ambientale (Sia), è venuto fuori che il tratto Foligno-Sestino del progetto di gasdotto “Rete Adriatica” conserva una scarsa considerazione dell’aspetto legato alla fogliazione; di una inappropriata definizione dell’azione sismica; evidenzia difetti anche sulle categorie sismiche dei terreni attraversati dovuti ad una insufficienza delle indagini sul sito; sottostima l’accelerazione sismica nella verifica strutturale allo scuotimento sismico, di quella sismica nella verifica della stabilità dei versanti; e, per concludere, è eccessivamente generica nel valutare l’aspetto della liquefazione.
La valutazione del Rischio Sismico, dunque, deve essere rifatta da capo. Almeno è quello che chiedono i movimenti impegnati da anni nella lotta al NoTubo, considerando le Normative Tecniche (NTC 2008 o meglio ancora NTC 2017 che dovrebbero uscire prima della fine dell’anno corrente)”.
“Nella sua attuale configurazione- scrivono gli ambientalisti circa l’opera così come progettata-, riuscirebbe a unire lo scempio ambientale della dorsale dell’Appennino con l’aumento del pericolo per l’incolumità pubblica a causa del rischio sismico fra i più elevati in Italia per giunta con l’esborso di ingenti fondi pubblici”. “D’interesse privato ma di finanziamento pubblico” l’opera “determinerebbe – per il suo folle tracciato – un vero e proprio disastro ambientale (interseca pesantemente ben 3 parchi nazionali, 1 parco naturale regionale, 21 fra siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale) ed economico-sociale”.
Un’opera di convincimento che, per ora, non ha attecchito su qualche sindaco peligno (la Casini per Sulmona e la Di Nino per Pratola) dichiaratosi contrario all’opera e pronto a ribadire il proprio no. Mentre in Regione, almeno da quanto riportato dal consigliere Pierpaolo Pietrucci, si attende la votazione di un tracciato alternativo marittimo nel prossimo Consiglio regionale. C’è fretta, tuttavia, da parte del Governo centrale di chiudere definitivamente la questione Snam prima del voto.
S.P.
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