Metalmeccanici: nella piazza della Marelli

La piazza, anzi il piazzale, quello davanti alla Magneti Marelli di Sulmona, non è stato scelto a caso dai sindacati questa mattina per la manifestazione in difesa del rinnovo del contratto collettivo di lavoro scaduto, per i metalmeccanici, a giugno scorso. Un aumento di 280 euro mensili sui tre anni, riduzione dell’orario di lavoro, più sicurezza e investimenti, le basi della piattaforma sindacale a cui, però, finora nessuno ha risposto. Non un caso che la triplice abbia scelto la piazza della Marelli, perché è qui che si gioca una vertenza ben più importante, che più che al rinnovo mira al mantenimento di contratti e posti di lavoro.

Qualche segnale di speranza è arrivato: da qualche giorno è stato montato un bancale per l’elettrico che fa immaginare un ruolo dello stabilimento di Sulmona nel nuovo mercato, ma si tratta di poca, pochissima cosa: sei addetti in tutto, che certo non compensano la perdita della lavorazione dei semi corner, tornata ad Atessa il mese scorso, e soprattutto un piano degli esuberi che a Sulmona, solo per il 2025 prevede l’uscita dallo stabilimento di 147 lavoratori, 16 dei quali hanno già lasciato la fabbrica negli ultimi due mesi. Facendo scendere il numero degli addetti a 444, rispetto ai 1200 dei tempi d’oro.

“Sono lavoratori che sono stati incentivati, non si tratta di uscite traumatiche – spiegano i sindacati – ma la riduzione della forza lavoro mette a rischio la sopravvivenza dello stabilimento, perché sotto una certa soglia la fabbrica di Sulmona rischia di non essere più sostenibile dal punto di vista industriale”.

La Regione nel tavolo tenutosi a gennaio ha dato la sua disponibilità a sostenere gli investimenti, ma la Marelli senza nuove commesse non ha intenzione di farli: basti pensare che già anni fa aveva avuto accesso ad un finanziamento pubblico per sostituire i tetti dei capannoni in eternit e mettere il fotovoltaico, ma che poi ci ha rinunciato.

I lavoratori chiedono di staccarsi da “mamma Fiat”, ovvero Stellantis, e di aprire a commesse di altri gruppi: una mossa che permetterebbe di diversificare i clienti, ampliare il mercato, stabilizzare la produzione.

“Abbiamo il know-how e le abilità per essere competitivi sul mercato – spiegano i lavoratori – è un valore aggiunto che deve essere sfruttato e che può garantire la sopravvivenza di uno stabilimento qui, piuttosto che in un Paese a basso costo di manodopera”.

Un processo che potrebbe essere incentivato con l’abbattimento dei costi energetici, la riduzione della burocrazia, gli accordi internazionali: quella, cioè, che è, o dovrebbe essere, la politica industriale di un Paese, da troppo tempo assente in Italia, in Abruzzo, a Sulmona.

1 Commento su "Metalmeccanici: nella piazza della Marelli"

  1. Sulmona 21.02.2025
    Tutti noi siamo contenti quando c’è il lavoro, si produce, si vende, si formano nuovi posti di lavoro e contributi versati per la Difesa dello Stato Sociale e dell’art.1 della Costituzione. I sindacati soprattutto la sinistra non ha capito che dal 1989 il mondo è cambiato radicalmente e loro sono rimasti indietro di 150 anni sulle politiche sociali del lavoro. La CGIL parla di diritti senza insegnare i doveri ai lavoratori. Gli scioperi non servono a nulla, non giovano a nessuno, il diritto di sciopero andrebbe cancellato dalla Costituzione, al contrario i lavoratori dovrebbero darsi da fare per lavorare di più e cercare insieme alle maestranze dello stabilimento, le soluzioni per salvare il salvabile. È assurdo e fuori dal tempo che la sinistra chiami il governo regionale e nazionale a risolvere i guai delle aziende private in difficoltà, questo è un metodo marxista leninista, lo Stato Sovietico Comunista deve intervenire e salvarsi tutti, questo con i debiti che abbiamo è letteralmente impossibile. Lo Stato attraverso le istituzioni politiche regionali e nazionali può favorire con delle leggi apposite, la Zes già operativa, gli sgravi per le nuove assunzioni, gli sgravi per l’acquisto dei nuovi macchinari, gli sgravi energetici ove possibile, migliorando l’andamento dello stabilimento Peligno, ma più di questo non può creare l’impossibile. Non è nemmeno giusto che le istituzioni politiche diano soldi pubblici per sostenere aziende private in difficoltà. La CGIL non ha capito che nonostante gli aiuti statali previsti, se lo stabilimento ha meno commesse, vende meno, il ridimensionamento, la chiusura dello stabilimento Peligno e quello di Atessa, Sevel, sono inevitabili è inutile girarci intorno. Le motivazioni sono importanti e diverse; la prima sono i costi energetici, l’Italia paga almeno 4 volte di più le bollette energetiche delle proprie aziende, le cause di lavoro durano almeno 8 anni solo per il primo grado, negli altri paesi europei molto meno. In Europa c’è molto meno burocrazia. Come fa un imprenditore a dare 1500 euro netti mensili ad un operaio specializzato quando ne deve cacciare almeno 3000 di tasse e contributi versati per stare sul mercato globale nell’era digitale mondiale dove le regole sono diverse tra nazioni e Italia? In Europa il costo del lavoro è nettamente inferiore e gli stipendi del nord Europa sono molto più alti di quelli italiani. Quello che la CGIL non nota è che la vendita di vetture e furgoni è sempre più bassa in Italia, ci sono troppi veicoli in circolazione rispetto agli abitanti che vi abitano ed il sottoscritto con uno stipendio da Infermiere laureato classe 1967 con quasi 31 anni di lavoro effettivo già prof universitario per due anni agli allievi del terzo anno di corso di laurea in scienze infermieristiche,con uno stipendio lordo di quasi 32000 euro annui, sinceramente i soldi per far vivere la Magneti Marelli a Sulmona non li ho. L’auto elettrica è stata un fallimento in tutta Europa, i magazzini sono pieni di vetture invendute. La CGIL si dovrebbe leggere la Pipi del Senatore, un libricino che racconta la campagna elettorale delle elezioni politiche credo del 1970 se non ricordo male, l’anno in cui si costruì lo stabilimento Fiat a Sulmona. La vicenda è totalmente vera e accaduta, solo i nomi sono cambiati per rispetto di chi è ancora in vita. Auro Marzio è il compianto Cav.Prof. Enzo dei marchesi Persichetti, alto magistrato della Corte di Appello ad Aquila. Lui guidava una Fiat 500 e portava un candidato al Senato che poi non fu eletto. Nella sezione del Pci a Sulmona si scateno’il finimondo con sberle e sediate che si udirono nel plateatico della piazza e per strada. Il Sindacalista comunista della CGIL si rallegro’ con il Compagno del Cremlino locale per la costruzione dello stabilimento Fiat, il Commissario del Cremlino lo rimprovero’ aspramente dicendo che se costruivano lo stabilimento gli operai assunti si sarebbero imborghesiti e non avrebbero più votato il Pci, apriti cielo, accadde il parapiglia, il Sindacalista prese a sberle il Commissario del Popolo, poi la lite degenero’ a sediate, il Sindacalista fu cacciato dal Pci e dalla Cgil, nell’interesse del popolo lavoratore naturalmente. Lascio i commenti agli interessati. Se si vuole letteralmente aiutare gli imprenditori, bisogna naturalmente far dimagrire velocemente lo Stato inutile e farraginoso che blocca lo sviluppo meraviglioso dell’Italia tutta. Via le regioni, le province, le comunità montane, i municipi sotto i 25000 abitanti vanno accorpati, una sola ASL per regione, un solo prefetto per regione, i compiti delle regioni ai prefetti, i compiti delle province ai sindaci, tutto il risparmio va sui territori sotto forma di Stato Sociale. Questa è la via da seguire, obbligatoria se si vuole rilanciare la Nazione. Il lavoro non è comunista ma è di tutti. L’intelligenza artificiale tra pochi anni mietera’ migliaia di posti di lavoro e contributi versati, quello che fabbrichiamo in Italia, all’estero lo fanno a molto meno prezzo. Quello che non ci possono prendere è l’immenso patrimonio culturale, storico, artistico, enogastronomico, archeologico monumentale di cui la Valle Peligna e valli circostanti sono ricchissime e che non vengono utilizzate abbastanza. Nel 2024 l’Abruzzo ha avuto ben 7 milioni di turisti, un record di crescita culturale enorme. Abbiamo prodotti agricoli e zootecnici di Altissimo Livello, non si capisce perché non si formano cooperative per ottenere la Dop ed Ogt per le nostre zone rurali meravigliose. Il nostro futuro non è la fabbrica metalmeccanica che probabilmente tra pochi anni fallirà, ma è il ritorno all’agricoltura di pregio, agli agriturismi, alla ricerca e riscoperta di quello che vi ho esposto. Non è assolutamente possibile né pensabile che lo Stato debba risolvere tutte le problematiche delle aziende in difficoltà, non con i soldi dei contribuenti italiani.
    distinti saluti
    Domenico Silla Infermiere classe 1967.

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