Non si può uscire, non ci si può incontrare e non si può evadere da tutto questo se non con la fantasia oppure su un balcone, con la mente alleggerita giusto il tempo di una canzone.
Non si riesce a pensare ad altro che non sia questa grande tragedia che ha colpito il nostro pianeta, soprattutto ora che i notiziari non si limitano più a elencare numeri, statistiche e previsioni, ma ci raccontano anche le storie di chi lotta, di chi soffre, di chi muore e di chi resta solo.
E’ tanto il tempo che passiamo nelle nostre dimore, mai percepite come in questa occasione come nidi, porti sicuri, fortezze che ci proteggono e da proteggere.
Siamo tutti rintanati in casa, anche gli adolescenti, che sono ormai troppo grandi per essere distratti con una favola, una filastrocca o un album da colorare.
Per fortuna loro riescono a non annoiarsi in questa circostanza, pur non avendo cani da portare fuori, immondizia da gettare o pane, pasta, latte e formaggio da comprare. Quella dei ragazzi non è noia, ma mancanza. Chattano e si videochiamano come hanno sempre fatto, ma si struggono di nostalgia, perché non sono come noi che, quando ci incontriamo: “Buonasera signora, che piacere rivederla, ha visto che brutto tempo? Uh, com’è tardi, arrivederci”.
Loro si abbracciano, si riempiono di pacche, si stringono le mani, giocano a fare la lotta, si portano a cavacecio, si danno il cinque e bevono bibite dalla stessa cannuccia.
Per fortuna, in un momento in cui tutti ci sentiamo smarriti dinanzi alla portata di quello che sta accadendo nel mondo e abbiamo faticato ad accettare prima i consigli, poi le esortazioni e infine le ordinanze governative, la scuola non si è fermata: il Miur si è dato immediatamente da fare per garantire agli studenti il diritto all’istruzione.
Tre giorni per organizzare tutto e subito sono partite le lezioni a distanza, con il supporto online.
Credo sia per questo che i ragazzi non si annoiano.
La prima volta in cui ho sentito la voce di un professore spiegare la sua lezione dentro casa mia, mi sono emozionata. Mi è venuto in mente il “Dove eravamo rimasti?” di Enzo Tortora, nel riprendere la sua trasmissione dopo la lunga interruzione forzata.
E mentre mia figlia taceva il mio “Oddio, ma che cosa bella!”, con un “Mamma, esci che ti sentono!”, ho pensato che quella degli insegnanti è davvero una missione, nel senso che la loro è una di quelle professioni che, senza vocazione, non si possono svolgere, oppure vengono svolte male.
Ed eccoli là, con una metodologia tutta nuova, imparata e organizzata in pochissimi giorni, apparire puntualmente ogni mattina sugli schermi di smartphone, computer e tablet, cercando di portare avanti non solo il programma, ma anche il rapporto con ogni singolo alunno della classe.
Non importa se gli argomenti del piano di studio quest’anno non saranno trattati puntualmente, i ragazzi non rimarranno indietro: in questi giorni stanno apprendendo ciò che nei libri non avrebbero mai letto. Stanno imparando ad adattarsi ai fuoriprogramma che la vita spesso si diverte a metterci davanti, a cambiare strada, a seguire nuove regole, a trovare soluzioni, a fare i conti con il tempo vuoto, a dire #andràtuttobene, anche quando va tutto male, solo per far sorridere chi li ama e cerca conforto nei loro occhi.
Gli studenti e i professori non stanno andando a scuola, ma non sono affatto in vacanza, anzi, devo dire di non aver mai visto mia figlia studiare così tanto, forse perché non sono mai stata tutto questo tempo in casa, per poterla vedere studiare così tanto.
E mi fa tenerezza lei, che non si fa troppe domande e non pretende da me nessuna risposta che non possa darle anche un telegiornale…e mi fanno rispettosamente tenerezza gli insegnanti, perché immagino quanta malinconia e quanto lavoro sommerso ci sia dietro tutto questo.
Sento dire che la scuola a distanza non dà spazio all’emotività, ma io credo che sia solo questione di abitudine: fra qualche settimana, attraverso i monitor, docenti e discenti riusciranno a ritrovare, oltre alla connessione internet, anche quella umana.
I ragazzi si abituano facilmente ai cambiamenti, è per questo che hanno una marcia in più rispetto a noi adulti.
Sicuramente il primo giorno è stato strano ritrovarsi nei piccoli rettangoli dello schermo, sfottendosi per la scarsa videogenicità reciproca, ma grazie alla capacità che hanno i nostri figli di sdrammatizzare quando sono in gruppo, sono subito tornate le battute, le risate, l’attenzione volubile e la voglia di studiare nascosta in chissà quale file. Tutto esattamente come quando erano in aula, con i professori che cercano di catturare il loro interesse e pretendono la loro attenzione, tentando di dare una parvenza di normalità a questa situazione che di normale non ha assolutamente niente.
Ai ragazzi, oggi, viene chiesto di dimostrare la loro responsabilità, non solo rimanendo a casa e lavandosi spesso le mani, ma anche svolgendo verifiche e interrogazioni senza sbirciare su un libro, che potrebbe trovarsi tranquillamente aperto accanto a loro.
Credo che mai come in questo momento sia chiaro a tutti quanto poco contino i voti a scuola. Credo che mai come in questo momento sia chiaro a tutti quanto sia grande il valore della scuola.
Vedere mia figlia impegnata con le lezioni online tutte le mattine, poi in quelle di danza (svolte anche queste da remoto) tutti i pomeriggi, sentirla sbuffare sui libri, ripassare per un’interrogazione e lamentarsi per un muscolo dolorante, mi restituisce un po’ della perduta normalità.
Ora dopo ora, fra scuola, compiti, stretching, videochiamate, chat, film, musica e quotidianità familiare, ogni giornata finisce, portando con sé la speranza di un domani più sereno e a me non resta che osservarla mentre dorme, reprimendo la frustrazione che provo, per non essere in grado di proteggerla né dai brutti sogni né dalla brutta realtà.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Grazie
Grazie mille❤️Tutto quello che lei scrive fa onore alla mia categoria e, mi creda, è molto appagante sentirselo dire, soprattutto in questo periodo triste anche per noi❤️