Dalla collina di via Palazzo a Pratola Peligna, nella zona artigianale, si vede in lontananza l’edificio della scuola che ha frequentato e da dove oggi vengono i suoi giovanissimi dipendenti, l’Istituto tecnico industriale Da Vinci che svetta su Capo Croce. In mezzo, la conca di Pratola Peligna dove questa storia di impresa, famiglia e comunità, inizia e continua. Testardamente, volutamente.
E’ qui, sulla collina di via Palazzo, che mastro Luigi, al secolo Luigi Puglielli, allevava sessanta anni fa i giovani del paese, lui che “sapeva fare”, insegnava il mestiere a chi un mestiere e prospettive non ne aveva: “Mio padre Vincenzo e quello che poi sarebbe diventato mio zio Bruno (Liberatore) iniziarono qui – racconta Giovanni Santangelo, 35 anni ingegnere e amministratore di Sotecnica -. Papà era rimasto senza padre all’età di 5 anni e la sua era una famiglia umile, di contadini. Come molti ragazzi di Pratola che si trovavano con poche possibilità, si andava da mastro Luigi per imparare a saldare, battere il ferro, lavorare al tornio”. Di quel gruppo di quaranta allievi, alla fine quasi tutti hanno preso altre strade: Vincenzo e Bruno, però, no. Nel 1975 prendono in affitto un pezzo di capannone della famiglia del mastro – che nel frattempo aveva cambiato settore – e decidono di fondare Sotecnica: un’azienda che realizza scaffalature e arredi per uffici. Una piccola impresa artigiana che cresce negli anni: nel 1998 i due soci acquistano un terreno a qualche metro dal capannone di mastro Luigi e mettono su la loro officina. Da quel momento quella diventa la loro casa.
“Papà mi portava sempre con lui e io qui ci sono cresciuto – racconta Giovanni -. Grazie ai suoi sacrifici, alla sua caparbietà e alla capacità di guardare oltre l’azienda ha resistito a tante difficoltà. Io ho studiato, mi sono laureato, ho avuto anche altre occasioni di lavoro: ma a dire il vero non ho mai pensato di fare altro”. Così quando due anni fa zio Bruno va in pensione, è lui nella famiglia che prende le redini dell’azienda: “I miei cugini hanno scelto altre strade, mia sorella fa il medico, io sto qui” continua il giovane imprenditore che all’eredità del padre ha dato il valore aggiunto degli studi da ingegnere, passando dalla sola realizzazione alla progettazione dei prodotti: “Alla produzione di scaffalature, abbiamo aggiunto quella della carpenteria metallica leggera e in acciaio inox. Oltre che commercializzare arredi per uffici – continua -. Forniamo il settore pubblico e quello privato, servendo tutte le aziende della Valle Peligna e molte nel pescarese come a Roma: magazzini industriali, imprese edili, ferrovie, settore alimentare. Ci siamo specializzati nella certificazione sismica delle scaffalature che dallo scorso anno è necessario per legge verificare a cadenza annuale. Noi facciamo le ispezioni e la manutenzione, siamo tra i pochi a farlo nel Centro Italia”.
Una responsabilità che è diventata esclusiva da dicembre scorso, quando il padre Vincenzo è venuto a mancare improvvisamente: “Di fatto già gestivo tutto io – spiega Giovanni – ma la presenza di papà mi confortava, mi dava sicurezza. Il suo spirito positivo e il suo coraggio imprenditoriale hanno dato vita, partendo da una piccola officina, ad una realtà ormai consolidata”. Oggi a dargli calore c’è la sorella Gianna, schiva e riservata, che quando può, dà una mano nella gestione burocratica: “Anche mamma si occupa dell’amministrazione, a me piace più sporcarmi le mani. Pensare soluzioni per le singole esigenze, inventarle – continua Giovanni -. E’ una cosa che mi dà soddisfazione: come quando i carabinieri ci chiesero delle custodie per trasportare le divise dei corazzieri. Studiammo un contenitore apposito e vederlo qualche tempo dopo in tv in un servizio è stato appagante. Anche per questo, nonostante abbiamo macchinari all’avanguardia a controllo numerico e di estrema precisione, le prove sui prototipi le faccio personalmente”.
Giovanni così dalla scrivania passa ad indossare la maschera da saldatore nell’officina dove lavorano in 8: “I dipendenti sono tutti molto giovani, un’età media di 35/37 anni – spiega – e questo disegna già quale sarà il futuro di Sotecnica. Perché oggi trovare personale qualificato è davvero difficile: abbiamo tre ragazzi che sono usciti dall’Iti che fino a qualche anno fa era un serbatoio importante di competenze. Oggi non è più così, purtroppo: l’alternanza scuola lavoro, grazie alla quale abbiamo assunto gli studenti, oggi non è più come prima. La normativa ha trasformato lo stage pratico sulle macchine in frequenza teorica, anche a scuola. E questo compromette quel saper fare che sessanta anni fa insegnava mastro Luigi”.
A mancare sono soprattutto i saldatori, confessa, e con più personale potrebbe aumentare i volumi di lavorazione che oggi si attestano comunque in 40 tonnellate al mese di acciaio per un fatturato di circa un milione e mezzo di euro.
“Papà ci ha sempre tenuto ad avere un’officina all’avanguardia e l’ultimo investimento sui macchinari risale a prima del Covid – continua Giovanni – poi abbiamo fatto una scelta di sostenibilità e abbiamo montato un impianto fotovoltaico da 35 Kw che ci permette di essere autosufficienti dal punto di vista energetico”.
Qui, sul colle di via Palazzo dove svetta da lontano Capo Croce e l’unica scuola superiore del paese, Giovanni Santangelo e la sua famiglia hanno puntato e scommesso tutto, attaccati alla loro terra e alla loro gente: “Fu una scelta precisa quella di realizzare il capannone qui – racconta Giovanni – potevamo andare al nucleo industriale di Pratola o di Sulmona, ma Sotecnica nasceva come realtà di Pratola. Questo ha vantaggi e svantaggi: la posizione è baricentrica e ben collegata all’autostrada e questo ci permette di servire facilmente i clienti che sono in gran parte del pescarese e dell’area laziale. E poi qui si vive bene, la qualità della vita è un fattore importante. Certo soffriamo un po’ per gli approvvigionamenti del materiale e una filiera non troppo corta, come la ferramenta di cui abbiamo bisogno giornalmente. Ma nel chietino ci sono comunque fornitori attrezzati e non è poi così distante. L’acciaio, quello invece, arriva quasi tutto dall’Emilia Romagna. Però ci siamo organizzati anche condividendo i trasporti con altre aziende del territorio, con cui lavoriamo in piena sintonia”.
Giovanni ci crede e ci ha sempre creduto nel territorio: non appartiene a quella generazione di giovani in fuga, cervelli o braccia che siano. Consapevole, però, che il mercato non può essere limitato alla Valle Peligna: “Ormai ci conoscono bene anche fuori – spiega – la pubblicità ce la fanno i nostri clienti: il passaparola e la soddisfazione del cliente, restano il miglior biglietto da visita. Competenza e onestà. Sempre pronti a risolvere un problema, a dare la nostra consulenza, a trovare una soluzione”.
A saper fare, come insegnava mastro Luigi.
Una realtà sinonimo di orgoglio Pratolano.