Finì come voleva la gente che lo voleva, come i più votati avevano propagandato e poi, nell’acclamazione plebiscitaria, prontamente realizzato.
Nessuno straniero a casa nostra, clandestino, rom, musulmano, lavavetri, arabo o del kazakystan, nessun potenziale delinquente o terrorista, niente prestatori e prestatrici d’opera a pochi spicci. Nessun ius, né soli né accompagnati, che ci mettono poco -si disse- se gli dai una mano e si prendono tutto il braccio.
Per sbrigare i lavori che prima facevano i rimpatriati fabbricammo robot, eserciti di alluminio e titanio che, caricati a molla tutta la notte, al risveglio demolivano pareti e zappavano patate, sollevavano carichi e pulivano stalle, selezionavano mondezza e sturavano fogne.
Con le fogne in verità c’era ancora qualche problema: l’urina delle pantegane attaccava il titanio e i robot si liquefacevano nelle zone basse. Ovviamente nessun italiano voleva e sapeva scendere in ammollo nel pantano acido e maleodorante del refluo, a costo di perdere il sussidio di disoccupazione -di diritto fino ai 65 anni-.
Cosicchè, di straforo, ogni tanto ai confini lasciavano scappare qualche ong, che scaricava notte tempo il suo contenuto di clandestini già pronti con stivaloni in gomma e torce sul turbante a stappare il patrio condotto occluso, per poi via, all’alba, fare ritorno al paese loro. O ad aggiustare qualsiasi cosa di deteriorabile, tubi, pavimenti, elettrodomestici, motori. O sesso a buon mercato. In alternativa i connazionali avrebbero dovuto attrezzarsi in applicazioni tecniche ormai dimenticate, con pappagalli, tronchesi e giraviti, o, più semplicemente, mettersi in lista di attesa del manutentore statale, a trecento euro a ora lavorata.
La pizza – per dire – addio. Da quando gli egiziani erano stati rimpatriati la importavamo da casa loro, dove, – per istinto umanitario post capitalista – avevamo investito in metriquadri e metriquadri di pizzaioli bio che impastavano il surgelato, da spedire a Napoli allo spuntar del sole.
I calciatori no, quelli ce li siamo tenuti, senza non si entrava più manco ai mondiali. Ricevevano all’ingaggio la green card dai superpoteri di qualsiasi italiano, voto escluso. Basta che facevano goal, sennò la card si autodistruggeva e ciao pure loro.
In sostituzione alle badanti moldave e marocchine producemmo scope della folletto potenziate: sapevano sollevare corpi, cambiare pannolini, incipriare, rassettare, guidare l’ambulanza – ogni italiano aveva la sua-, telefonare al 118 e tenere compagnia con cruciverba e frasi di circostanza in loop. All’inizio le gestivano in remoto col joystick figli e parenti, ma poi i figli emigrarono, i parenti ingrigirono anche loro e tutti cominciarono a pretendere il personale robot-badante come buonuscita per la pensione.
Non era forse per questo che avevamo votato in tutti questi anni?
Finchè dovemmo pensare ad una gestione centrale che non ci facesse mancare niente, un super robot che coordinasse i personali badanti meccanici di tutt’Italia man mano che i padroni rincoglionivano e non erano più in grado di impartire ordini. Il mega robot controllava anche il rimpallone pressostatico di Lampedusa, una mesh in fibra di carbonio elettrificata che rispediva al mittente i naufraghi più temerari, ma senza fargli male, li deponeva con cura nei centri di raccolta dei paesi loro.
Insomma si stava una pacchia. I pochi ragazzini sopravvissuti alla strage dei vaccini degli anni 20, si sbrigavano con la maturità a tredici anni e ciao, se ne migravano via, lontano dall’ospizio dorato in cui erano nati. Tutt’intorno un diffuso rassicurante mp3 di uccellini cinguettanti nell’estesa valle verde di anziani ciabattanti, in cui gli ultimi prodromi del puro gene italiano rischiavano una serena ma inesorabile estinzione.
Finché un giorno un giovane terrorista ghanese hackerò il robottone centrale a Lampedusa e dalle coste si riversò nel paese indifeso l’epocale ritorno dei figli e nipoti di quelli che avevamo ricacciato a casa loro.
Che trovarono ad attenderli un esercito di robot al titanio, ossidati dalla mancanza di ordini, che accudivano i padroni allettati in un insensato accanimento terapeutico, pompando medicine dalle flebo. Gli invasori li guardarono sconcertati per qualche minuto prima che un ragazzino incazzato staccasse la corrente al quadro elettricoe del robottone centrale.
E si fece buio su tutto il Paese.
Antonio Pizzola
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