L’INTERVISTA/Nazzareno Romito, dalla vita militare alla via spirituale

Questa è una storia curiosa, una storia di cambiamento radicale che arriva dai monti dell’Abruzzo, dall’Alto Sangro, dal piccolo borgo di Rivisondoli. Questa è la storia di Nazzareno Romito, 37 anni, ai tempi giovanissimo marinaio parte della Marina italiana, oggi frate francescano. Un passato a solcare i mari del mondo per arrivare nel presente a supportarne le anime. Un esempio di cambiamento radicale che arriva dopo una profonda crisi esistenziale, una ricerca di senso da dare alla propria vita che, nonostante tutto, tanto senso non aveva. E’ vero: c’era un lavoro fisso, la gioventù, l’allegria, le feste, le ragazze, ma tutto era effimero e a Nazzareno non bastava. Così, tra l’incredulità di chi gli stava intorno, è iniziato un percorso totalmente diverso. Una presa di coscienza che lo ha condotto pochi giorni fa al Diaconato. Si tratta di un esempio di ricerca che lo ha posto su di un sentiero ancora tutto da percorrere allineato, tuttavia, alla propria missione di vita forse trascritta già nel suo nome. Un caso? “Niente arriva a caso” risponde Fra’ Nazzareno. E siccome i cambiamenti sembrano sempre così insormontabili, la realtà dice che invece volontà, fiducia, affidamento possono tutto, non importa quanto grande sia il cambiamento.

Come è avvenuto il cambiamento?

Sono stato in marina circa 6 anni e mezzo, tre dei quali ho navigato su una nave da guerra, lontano da Dio, non ero uno di chiesa, uno che frequentava. Negli ultimi anni di Marina sono entrato in una crisi esistenziale, sentivo una mancanza di senso nella vita dovuta anche a varie situazioni personali. Facevo fatica, cercavo di riempire un vuoto dentro di me con una felicità illusoria. Non mi mancava nulla: avevo un lavoro fisso, uno stipendio, frequentavo una ragazza, avevo una certa sicurezza di vita, però dentro ero vuoto, non riuscivo a capire perché non ero contento. Ho iniziato a pormi tante domande e proprio questa ragazza mi ha aiutato consigliandomi un gruppo di preghiera.

E cosa ha trovato?

Quando sono tornato a La Spezia dalla licenza qui a Rivisondoli ho trovato uno di questi gruppi. All’inizio è stato faticoso, praticavano la gratitudine, era bello, ma facevo fatica a capire la loro felicità, tuttavia ero curioso e aiutato da loro ho intrapreso questa via spirituale.

Quando è cambiata totalmente la sua vita?

C’è stato un percorso di circa tre anni nei quali mi sono affidato a dei sacerdoti che mi hanno introdotto ad alcuni corsi a Santa Maria degli Angeli ad Assisi nei quali si aiutavano i giovani a trovare la propria vocazione. Avevo 25 anni. Non è stato semplice capire la strada, il mio è stato un affidamento completo al Signore e alle persone che mi hanno guidato in quel periodo, anche il Vangelo. Alcune parole mi hanno aiutato a comprendere che strada prendere. Le tentazioni erano tante, allora ero ancora in Marina, a bordo c’erano anche donne tra cui una ragazza che mi piaceva.

Ci sono state resistenze al cambiamento?

I dubbi erano tanti, a partire dal lasciare un lavoro fisso e dal rischio di voler rifuggire le fatiche della società. Ho analizzato tutto e mi sono messo in discussione, quello che mi ha aiutato è il passaggio di fede, un cammino del genere è possibile se ti fidi di qualcuno, io mi sono abbandonato alla Scrittura.

Cosa ha iniziato a sentire durante questo cammino?

Trovavo sempre di più una serenità e qualcuno che mi amava gratuitamente. Ho incontrato Dio anche attraverso il perdono, la riconciliazione, la confessione sollevandomi da quanto avevo fatto prima parlando di tutto. Ho sentito una accettazione completa, niente più sensi di colpa, il perdono incondizionato, mi sono sentito amato per quello che sono, nei pregi, nei difetti, non dovevo dimostrare niente a nessuno quando prima, invece, dovevo farlo verso la società, verso un mondo di ego. Da qui è scattato in me l’atto dell’annuncio, il desiderio di dirlo a tutti e il discernimento tra vita consacrata e matrimonio: l’amore di una donna non mi bastava più.

Perché frate francescano e non un altro Ordine?

E’ stato il risultato dei percorsi intrapresi ad Assisi. Non sapevo bene cosa fare, diocesano o francescano, ma mi sono affidato completamente fino a vedere in Francesco un esempio, mi sono rivisto nella sua umanità. Ho iniziato così la mia esperienza con i frati: postulato, noviziato, voti perpetui, fino al voto solenne non appena i miei superiori mi hanno detto che ero pronto. Nel mondo c’è tanta felicità effimera che non mi dava gioia, questo percorso mi ha condotto alla verità affidando le mie tribolazioni al Signore.

Come hanno reagito familiari e amici?

Erano increduli. Mio padre aveva iniziato a notare che frequentavo maggiormente la chiesa, ma non se lo aspettava. Un giorno mi disse che voleva comprarsi la macchina e io gli risposi che poteva prendersi la mia perché non mi serviva più come frate. Si è destabilizzato un pochino, non pensava più alla macchina. Ha fatto fatica, ma ha accettato la mia scelta. Mi sentivo in colpa per averlo abbandonato, ma in realtà anche lui è affidato al Signore. Passaggi faticosi, ma oggi ne vedo i frutti. Ora che ho preso i voti diaconali anche il suo volto è diverso, più luminoso; con rispetto e silenzio mi ha accompagnato in questo percorso. Gli amici, che mi avevano conosciuto come il Nazzareno a cui piaceva divertirsi, mi chiedevano se stavo male e io rispondevo che, al contrario, stavo iniziando a sentirmi bene. Tra loro ci sono persone anche lontane da Dio, ma ho comunque avuto rispetto, benevolenza, affetto e curiosità per la mia scelta.

Se dovesse consigliare ad una persona di seguire un ipotetico cambiamento che sente dentro, cosa direbbe?

Di chiedersi se è veramente felice, se la vita che conduce è di gioia, di porsi una domanda di senso. E’ questo il motore del cambiamento. La società oggi ti dà tante informazioni, ti riempie di tante cose, c’è confusione. Ai ragazzi chiederei dove cercano il vero amore, se nei vizi, negli amici, nei giochi, nella comunicazione, nella sessualità. Chi riempie il loro bisogno di sentirsi amati per quello che sono, non per quello che bisogna dimostrare, senza attese. Perché cerchi sempre? Perché sei triste? Queste le domande.

Ora come prosegue il suo percorso?

Ad Assisi, in una comunità di frati, mi occupo dell’infermeria della Porziuncola. Quello che voglio è stare nei luoghi della sofferenza umana, mi sento totalmente a mio agio nell’aiutare persone che hanno bisogno.

Simona Pace

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