Come se non esistessimo, le parole al vento, le richieste inascoltate, i confronti pubblici come placebo. Che un po’ il popolo va fatto sfogare, tanto ha la memoria corta e l’incapacità di governare i processi fino in fondo. Il treno L’Aquila-Pescara senza passare per Sulmona è partito, la bretella si farà proprio come era stato deciso, neanche una passerella, un camminatoio o un collegamento per evitare che Santa Rufina diventi la nuova stazione dei morti viventi, in attesa che la vecchia, tirata a nuovo, si trasformi in un altro monumento della Sulmona che fu. E poi il punto nascita che va chiuso comunque, anche se ci sono le carte e gli orologi a scandire e certificare il disagio, il diritto alla salute violato. E l’ospedale, anche quello tirato a lucido, anzi nuovo, prossimo al taglio del nastro, che diventa una scatola vuota senza personale e senza strumenti, che neanche un primario è arrivato, neanche uno di quelli strombazzati ormai un anno fa. E ancora, non troppo di là da venire, i lucchetti a palazzo Capograssi, il tribunale dimenticato che accende sprazzi di memoria alla politica solo a ridosso delle campagne elettorali. E il popolo a credere, sperare, obbedire, senza combattere. L’indolenza è il vizio più dannoso per la gente peligna, a cui scivola addosso la fame e la disperazione, i disservizi, le bugie, il degrado, persino la voglia di un riscatto. Tutti o quasi a coltivare il proprio orticello, anche se quest’anno ha dato meno pomodori e meno zucchine: si stringe la cinghia finché si può, mai un moto d’orgoglio e di rabbia, fosse anche solo per dire basta. Dal basso all’alto, se così si può chiamare, una città e un territorio anestetizzato che litiga e fa baruffe, senza entrare mai nel merito, che tira a campare, nel quotidiano e nella politica. Che non trova e non dà soluzioni, né strategie, né ammette la propria inadeguatezza e lascia spazio al futuro. Sempre che ci sia qualcuno che ha voglia e capacità per costruirne uno. “Bisogna andarsene” ripete ad ogni vasca di corso il giovane ormai vecchio, con in tasca la paghetta della pensione di nonnò. “Bisogna andarsene” ripete subito dopo aver voltato le spalle a Tresca, prima di ricominciare la sua tranquilla e poco serena vasca di corso. Che prima o poi nonnò muore e non c’è neanche un loculo per dargli riposo.
Analisi triste, ma perfetta su quella che è la realtà di oggi a Sulmona.
Niente firma?
tutto vero,pura realta’….l’importante e’ qualche secondo di visibilita’,quindi comunicati,dichiarazioni,conferenze,tavoli(sedie)di confronti,annunci,sagre,manifestazioni,
giostre itineranti,festival con cibo da strada,campane,rievocazioni,compleanni,
bimillenari,milioni di turisti,chiacchiere e chi piu’ ne ha ne metta….mentre tutto sprofonda negli abissi,la festa continua con il valzer delle poltrone,ora il ritmo “fuoco e munnezza” ” …..piu’ che firme occorrono tutti gli eroi di hollywood
bellissimo articolo.
grazie