C’era la famiglia dei Batanesi ad “occupare” almeno virtualmente i terreni d’Abruzzo: L’Aquila, Barisciano, Ofena, Pettorano sul Gizio, Crognaleto, Cortino, Valle Castellana, Rocca Santa Maria, Isola del Gran Sasso, Caramanico e Castel del Monte. Era qui che gli Arcodia, i Marino, i Conti Mica, ovvero gli esponenti di spicco della mafia tortoriciana, avevano fissato i loro “bancomat”: terreni a pascolo, che valevano titoli, che valevano soldi: milioni di euro sottratti all’Agea, ossia alla Comunità Europea.
L’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Messina che ha portato l’altro giorno a 94 arresti e 151 aziende sequestrate, con 194 indagati, tocca insomma anche la nostra regione, evidenziando un fenomeno conosciuto da tempo, a volte illecito, come in questo caso, a volte al limite della legalità, come nel caso delle aziende del nord che continuano ad affittare dai Comuni i terreni ad uso civico. Sottraendo terra e risorse, potenzialità e competitività agli allevatori locali.
“Non agricoltura e pastorizia e qualche leggero aiuto per avere finanziamenti – scrive il Gip di Messina, Salvatore Mastroeni -, ma semplice criminalità che non costituisce ricchezza per il territorio, non sviluppa agricoltura e pastorizia, ma fa ditte di carta, ingurgita profitti milionari, che come tutti i profitti di mafia spariscono e niente lasciano alla gente, al territorio, alla vera agricoltura e pastorizia”.
Alla truffa ai danni dello Stato, al falso, in questo caso, si aggiunge l’associazione mafiosa, perché mafia, quella vera, questa è: “Dove un mafioso dice, rovesciando l’ordine e il diritto – scrive ancora il giudice che ha firmato l’ordinanza – che chiunque usasse le particelle usate dalla mafia sarebbe un abusivo, ed è impossibile che succeda. Sì, impossibile perché quel che emerge è che la mafia domina e nessuno può contrastarla”.
Insieme al gruppo dei Batanesi, c’è anche quello dei Bontempo Scavo, sempre da Tortorici, più attivo in Sicilia e più violento, che non risparmia estorsioni, furti, vendette, per chi non si allinea. E ad allinearsi sono in tanti: allevatori, imprenditori, funzionari della CAA, notai e avvocati. Un affare milionario che alla lupara sostituisce falsi contratti di affitto, pascoli immaginari, pratiche di allevamento senza scrupoli, come quella scoperta qualche giorno fa a Lucoli, dove 138 capi di bovini sono stati lasciati morire di stenti e fame sulla montagna, su quei pascoli dove qualcuno ha scaricato qualche mucca, giusto per far vedere che c’era.
Perché il guadagno vero era e continua ad essere quello dei contributi comunitari, assegnati in base ai titoli (ovvero alla tipologia delle autorizzazioni alla coltivazione) e agli ettari di cui si dispone, spesso solo sulla carta.
Un meccanismo che ha ridotto l’Abruzzo dei pastori, in terra di conquista e povertà: qui dove prima c’erano 5 milioni di capi ovini, oggi se ne contano appena 37mila. Lo ha spiegato ieri mattina ai microfoni di Agorà l’allevatore Adriano Marrama che l’estate scorsa aveva rilanciato la sua battaglia grazie al circolo del Pd di Sulmona che aveva sottoposto la questione all’eurodeputato Andrea Cozzolino.
Ieri, ancora, la tv di Stato è tornata ad indagare, con l’avvocato Teresa Nannarone, neo presidente del Pd di Sulmona e responsabile regionale forum contro le mafie, che ha ripercorso tappe e silenzi di una vicenda che promette sviluppi imprevedibili. “La risposta all’interrogazione fatta da Cozzolino ha chiarito che i compiti di regolamentazione e controllo dei contributi sui pascoli sono dei singoli Stati membri su cui bisogna intervenire – spiega la Nannarone – noi crediamo che anche la Regione possa intervenire per regolamentare l’affitto dei terreni e soprattutto i Comuni possano adottare strumenti per evitare di svendere il territorio, a partire dall’indire aste pubbliche, come d’altronde prevede la legge, per l’affitto degli usi civici”.
Perché la mafia dei pascoli, la cosiddetta e quella vera, già da tempo “bruca” in Abruzzo.
“… i Comuni possano adottare strumenti per evitare di svendere il territorio, a partire dall’indire aste pubbliche, come d’altronde prevede la legge, per l’affitto degli usi civici”.
Allora fino ad adesso i Sindaci dei Comuni che hanno affittato i pascoli hanno violato la LEGGE?
È bene ricordare che i terreni ad USO CIVICO sono dei cittadini e nella loro disponibilità per soddisfare le esigenze della collettività. In molti Comuni vi è l’amministrazione separata dei beni civici, ecco la politica deve intervenire da subito facendo in modo che per Legge in ogni Comune venga costituita
l’ ASBUC ( amministrazione separata beni usi civici), questo per sottrarre a Sindaci famelici di soldi da utilizzare non per abbassare le tasse alla collettività ma da distribuire a pioggia ad amici e parenti.
Comunque attualmente è vigente la NORMA che prevede che più della metà delle somme ricavate con l’affitto dei pascoli o il taglio dei boschi soggetti ad Uso Civico, vengano spesi per apportare migliorie a strade di accesso a detti terreni, abbeveratoi, manufatti per i pastori e quant’altro per migliorarne la fruibilità.
Si…campa cavallo, tutti complici, compresa la Nannarone ed i suoi sodali.
Dove sono stati fino ad adesso?