La lezione viene dalla pandemia e le Unità di continuità assistenziale (Uca) si sono rivelate uno strumento utile per la gestione della sanità sul territorio e l’assistenza extraospedaliera.
Così la Regione ha deciso di trasformare l’esperienza in permanenza su tutto il territorio abruzzese, seppur con un limite demografico importante, che si avverte soprattutto in una provincia come quella dell’Aquila molto estesa, ovvero una unità ogni 100mila abitanti.
Le Uca sono equipe mobili distrettuali per la gestione di pazienti in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità, non urgenti ma non differibili, che possono però essere assistiti a domicilio, prevenendo dunque sia l’ospedalizzazione, sia l’accesso improprio al pronto soccorso.
Ciascuna equipe – che gestirà sia accertamenti diagnostici che interventi terapeutici – sarà formata da un infermiere e da un medico (proveniente dai ruoli dell’ex continuità assistenziale), secondo le modalità organizzative previste dall’Accordo Collettivo Nazionale della medicina generale. Il servizio sarà richiesto direttamente dal medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta e anche dal medico ospedaliero, nel caso occorra gestire la fase della dimissione fino alla pianificazione delle cure da parte del medico di assistenza primaria.
“Ma le funzioni – commenta l’assessora Nicoletta Verì – potranno essere molte altre: penso, ad esempio, alla presa in carico e al follow up dei pazienti domiciliari durante focolai epidemici. Il tutto in raccordo con i medici di assistenza primaria, ai quali le Uca assicureranno il necessario supporto”.
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