I campi di impiego potrebbero essere innumerevoli, soprattutto in una città e in un territorio che soffrono e patiscono il senso di comunità e di bene comune. Un esercito potenziale nel Centro Abruzzo, ovvero nel territorio di riferimento del Centro per l’impiego di Sulmona, di seicento persone e milleduecento braccia, da utilizzare in ambito culturale (per la gestione e supporto alle manifestazioni culturali, ad esempio), in ambito sociale (per l’assistenza ai tanti anziani: dall’accompagnarli a visita a portargli la spesa a casa), in ambito ambientale (per ripulire aree verdi e percorsi turistici), o ancora artistico (per la digitalizzazione del patrimonio librario, ad esempio), manutentivo (piccoli lavori di tinteggiatura nelle scuole ecc), ma anche formativo (doposcuola e supporto agli studenti).
Sono i percettori del reddito di cittadinanza che, in teoria, e per il momento solo in teoria, da mercoledì scorso, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dello specifico decreto, sono obbligati a fornire la loro disponibilità in Progetti utili alla collettività (Puc). Un minimo di 8 e un massimo di 16 ore settimanali da dedicare al bene comune per poter conservare il beneficio economico del Rdc.
Un aiuto, che non abbia carattere subordinato e che non sia sostitutivo dell’attività ordinaria dei dipendenti pubblici, a cui per il momento, però, il Centro Abruzzo dovrà rinunciare. Perché i lavoratori utili possano adempiere ai loro obblighi, infatti, è necessario che i Comuni attivino degli specifici progetti, elaborandoli secondo i criteri previsti dalla legge, innanzitutto, poi caricandoli sulla piattaforma dedicata (Gepi) e facendo quindi incrociare domanda e offerta con la verifica delle disponibilità e volendo anche delle competenze.
Un lavoro che, per dirla con le parole dell’assessore al Sociale del Comune di Sulmona, Pierino Fasciani, “è ancora nella fase embrionale”, perché ad oggi Sulmona e tutti gli altri Comuni che ricadono nell’ambito sociale Ecad 4 (che elaborerà un’unica piattaforma) non hanno ancora neanche pensato cosa far fare a questo potenziale esercito di “volontari forzati”. Ci vorranno mesi, insomma, prima di vederne qualcuno all’opera.
Non che in altri territori se la passino meglio, ma certo è che la seconda fase del Rdc è arrivata al nastro di partenza con un ritardo che penalizza solo la comunità. Con i Comuni che non solo non hanno progetti, ma spesso non sanno neanche come agire proceduralmente, non conoscono le linee guida, né sanno come materialmente inserire i progetti (semmai fossero pronti) sulla piattaforma informatica.
Chi si sta muovendo, invece, sono in parte i privati che aderendo al Patto per il lavoro (che insieme a quello per l’inclusione sociale contribuisce a creare le liste per i Puc) potranno impiegare i percettori di Rdc usufruendo per due anni di importanti sgravi (intascando di fatto l’assegno mensile). A Sulmona sembrano abbiano già dato la loro disponibilità il gruppo Oasi che sta aprendo il centro commerciale nell’ex Sidis e il call center della 3G. Anche su questi, tuttavia, bisognerà fare le dovute verifiche di congruità dell’offerta di lavoro.
L’esercito dei seicento, insomma, resterà ancora per un bel po’ senza munizioni.
Io mi chiedo…ma invece di fornire il reddito di cittadinanza, in questa Italia dove braccia inoccupate ce ne sono, non sarebbe meglio fargli fare lavori di manutenzione/pulizia ecc delle aree comunali? Ovviamente ad uno stipendio dignitoso. No perché io penso (e keynes ne sa qualcosa) che quei salari possono essere dei “moltiplicatori” per altri salari che diventano poi altri salari e via dicendo…e non mi venite a dire che pale e scope mancano